L'ultimo articolo su El Espectador trasforma in una spy story la morte di Mario Paciolla: il 33enne napoletano, cooperante delle Nazioni Unite in Colombia, sarebbe stato...
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Secondo quanto riportato dal quotidiano, sempre nel novembre 2019 il giovane aveva chiesto di rimuovere alcuni suoi articoli pubblicati in Francia e in Italia, aveva cancellato le foto personali e di famiglia dai social network, aveva reso privato il suo account Facebook (oggi associato a un nickname), aveva cambiato le password e aveva eliminato i cinguettii su Twitter. A un amico aveva anche chiesto di eseguire il backup dei dati del suo computer e a diverse persone in Colombia aveva raccontato che lui e alcuni suoi colleghi della Missione di verifica delle Nazioni Unite, assegnata all'ufficio di San Vicente del Caguán, avevano subito attacchi informatici dopo lo scandalo che due settimane prima aveva portato alle dimissioni di Botero.
In particolare, il 33enne assieme ai suoi colleghi aveva documentato il bombardamento contro il campo di Rogelio Bolívar Córdova, nel quartiere Aguas Claras a San Vicente del Caguán. Un attentato avvenuto il 29 agosto 2019 che aveva causato la morte di sette ragazzini tra i 12 e i 17 anni reclutati dagli ex guerriglieri delle Farc.
Le informazioni raccolte sarebbero state trasmesse al senatore Roy Barreras, scatenando il dibattito politico e le divisioni tra i funzionari Onu. «C'è chi - scrive la giornalista Claudia Julieta Duque - aveva festeggiato la caduta del ministro e chi, prevedendo possibili ritorsioni da parte dei militari, si era lamentato della fuga di notizie e dell'interruzione dei canali di comunicazione ufficiali con il governo». Interpellato dalla stessa cronista, Barreras ha negato di aver ricevuto materiale dalla Missione e ha ribadito che «le sue fonti erano ufficiali dell'esercito insoddisfatti dell'azione militare e delle violazioni dei diritti umani». Ieri il senatore ha aggiunto su Twitter: «Falsità».
Paciolla era tornato a Napoli il 23 novembre ed era ripartito il 27 dicembre, per riprendere il lavoro a San Vicente del Caguán a inizio di gennaio. Ma aveva richiesto il trasferimento e, l'11 luglio scorso, aveva informato la sua famiglia che si sentiva in pericolo. Lo stesso giorno è un altro dettaglio rivelato nell'articolo - in una conversazione via chat con un caro amico, il 33enne aveva scritto in italiano: «Voglio dimenticare per sempre la Colombia... Non è più sicura per me. Non voglio né più mettere piede in questo Paese né restare all'Onu. Non fa per me. Ho chiesto il trasferimento molto tempo fa e non me l'hanno dato. Voglio una nuova vita, lontano da tutto». Anche al Mattino, alcuni amici di Mario hanno confermato che lui avrebbe già da tempo voluto lasciare il Sud America e usava poco i social network, da novembre 2019 con più discrezione discrezione. La fuga di notizie non sarebbe avvenuta solo in una occasione.
Ma c'è anche un altro dettaglio rivelato nell'articolo: è legato al ritrovamento del mouse del pc di Paciolla nella sede Onu di Bogotà. «Sottratto, assieme ad altri effetti personali, il 16 luglio, il giorno dopo la morte del cooperante», quando gli stessi funzionari avevano ripulito l'appartamento dove era stato trovato il corpo senza vita ipotizzando il suicidio. «Ciò che finora non si sapeva è che un test tecnico, effettuato dagli inquirenti, ha dimostrato che quel mouse era impregnato di sangue, ma era stato comunque rimosso dalla casa». Di questo non era stato informato nemmeno Germán Romero, l'avvocato della famiglia Paciolla in Colombia. Intanto, António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, dichiara che «a tutti i livelli hanno collaborato pienamente all'indagine delle autorità italiane», e «i contatti proseguono». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino