La musica di Gomorra accompagna gli speciali tv, mai visti così tanti giornalisti qui nell'hinterland romano, per raccontare un fatto drammatico ma anche per dipingere...
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Il sindaco Pierluigi Sanna sul piede di guerra precisa che «siamo stati Capitale regionale della Cultura 2018, ci apprestiamo ad essere Capitale europea dello Spazio 2021, abbiamo aperto teatri, auditorium, scuole di musica e canto, il liceo classico e il linguistico. Speso 3 milioni di euro sulle scuole elementari e medie e mezzo milione di euro per l'infanzia, altri 2 milioni per impianti sportivi pubblici. Abbiamo fatto un lavoro immenso dal punto di vista della cura della qualità della vita, culturale e ambientale: comprato una tenuta con 8 ettari di verde e un castello medievale che stiamo adibendo a villa comunale, abbiamo un museo archeologico e un museo paleontologico, musealizzato i rifugi antiaerei, perimetrato e valorizzato il centro storico di architettura liberty e razionalista». Forse nessuno lo sapeva, perché le cose belle si danno per scontate, il fatto è che ora si rischia di passare tutti per delinquenti e bestie proprio come quelli lì. Poco più di 20mila abitanti, Colleferro è una città di lavoratori. Acciaierie, fonderie, cementerie. La crisi ha coinvolto tutti ma ora si riparte e molti sperano sulle aperture di Amazon e Leroy Merlin. «E ora non ci va di essere etichettati come periferia degradata. Siamo stati descritti come il Bronx. Quando la maggioranza silenziosa è fatta di persone per bene, di operai che lavorano in una delle fabbriche italiane più interessanti, l'unica che produce satelliti aerospaziali e occupa migliaia di operai».
Il fatto è semplice, le parole rimbalzano sui social prendono forma, chi non c'entra niente di solito giustamente si offende. «Finito il dolore e la costernazione è iniziata la denigrazione. Siamo stati descritti come un luogo di perdizione, la gente si è risentita. Diamoci una regolata: il reato più diffuso a Colleferro è il divieto di sosta. Siamo stati travolti da un episodio terrificante ma per fortuna casuale. Noi di solito piangiamo i morti sul lavoro perché è una città di lavoratori non certo di omicidi». Criminalità giovanile? Per il sindaco «una piccola minoranza, la maggior parte dei ragazzi ha partecipato alla ricostruzione morale della città tanto che esistono pure giovani come Willy, che si è buttato nella mischia per salvare un amico».
Monsignor Luciano Lepore parroco di Santa Barbara conosce luci e ombre della ciittadina, non si nasconde dietro un dito. Sa che bene e male convivono, l'uno sfiora l'altro, poi accade un fatto troppo grave, che nemmeno lui sa decifrare. «Colleferro? Una cittadina abbastanza acculturata, qui c'è una tradizione basata sul lavoro nelle fabbriche, ci sono molti laureati, diplomati». Cultura e lavoro. Mica come Artena, il parroco in vena di storie e leggende torna sui briganti di Artena. «Facili con il coltello, usavano la violenza per ricattare i commercianti. Oggi non è più tanto così anche se un mese fa uno degli arrestati ha buttato a terra una guardia comunale che lo ha invitato a indossare la mascherina. Insomma, in alcune località periferiche di Artena esiste questa tendenza alla violenza. E questi erano dei picchiatori che usavano la violenza per assoggettare coloro che avevano ricevuto denaro dagli strozzini, da qui i suv, la villa, l'oro». Tutto molto chiaro, eppure erano impuniti e la sera anche loro andavano a Colleferro, il centro della valle. «Il punto di riferimento culturale sociale e politico della zona».
Monsignore non fa sconti. «Il venerdì e il sabato si crea la movida, dopo la mezzanotte va via la gente per bene, restano ragazzini di 15/16 anni, succede il putiferio, si spaccia, consumano droga, le ragazzine si prostituiscono per 10 euro. Questo il contesto in cui quei quattro sfaccendati picchiatori hanno agito e ci ha scioccato tutti». Una generazione di baby squillo e strafatti, su cui monsignor Lepore, non rinuncia ad accendere i riflettori. Perché non ci sia un altro Willy.
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Il Mattino