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Xi Jinping prova a chiudere la partita, alle condizioni di Vladimir Putin. Joe Biden non ci sta e la tiene invece apertissima, puntando il dito dritto contro chi ha scatenato e contro chi sostiene la guerra.
Il tentativo di scacco matto all’Ucraina verte su un piano di pace che la Cina consegna alla Russia. Una sorta di road map che consegnerebbe a sua volta tutti i territori occupati dai russi a Mosca, che dunque potrebbe dirsi disposta ad abbassare le armi. Armi che continuano, però, a confluire da Occidente su Kiev, per l’alleato Volodymyr Zelensky che ad arrendersi, proprio no, non ci pensa nemmeno.
È il mondo in un vicolo cieco. Perso nel buio di nessuna soluzione.
L’unico spiraglio arriva paradossalmente da Oriente, mentre sul fronte Nato di alternative e di negoziati non se ne intravedono assolutamente.
Al suo secondo giorno di visita ufficiale alla corte del Cremlino, Xi mantiene la calma glaciale, si gode l’accoglienza trionfale, ma finisce di nuovo al centro del mirino americano, in particolare nelle parole del segretario di Stato Antony Blinken: «Copertura diplomatica per la guerra».
Rasoiate che, tradotte in altri termini, significano una sola cosa, gravissima: la Cina è complice della Russia.
Difficile, se non impossibile, che su queste basi fragili e tormentate i due blocchi tornino mai a parlarsi.
E allora l’unica logica che vale è quella delle dichiarazioni al veleno, delle minacce al vetriolo, delle bombe che continuano a scoppiare attorno a Bakhmut.
Ma Pechino insiste imperterrita e rilancia ancora oltre, con il presidente cinese che fa sfoggio del suo primo ministro e del suo ministro degli Esteri, cui detta per il suo «migliore amico e più grande vicino di casa» una rinnovata linea di collaborazione strategica, fondata su un ulteriore «rafforzamento del coordinamento e della collaborazione su tutte le piattaforme multilaterali, tra cui naturalmente le Nazioni Unite».
Il risultato che hanno in mente Xi Jinping e Putin?
Un nuovo ordine mondiale.
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