Napoli. Dotare gli organismi marini di sensori per studiare le profondità degli oceani. È la rivoluzionaria ricerca che sarà condotta da un team...
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«Stiamo già usando le tartarughe marine come nuove sentinelle del nostro mare - spiega Danovaro - e possiamo utilizzare lo stesso meccanismo anche per scoprire gli abissi. Ad esempio esistono degli squali che arrivano fino a 4mila metri di profondità e girano tutti gli oceani. Dotando simili animali di nuovi sensori, azione che si chiama 'tagging', riusciremo ad avere una migliore conoscenza del mondo profondo, cosa che altrimenti richiederebbe risorse straordinarie».
Gli abissi marini costituiscono il 95% del volume degli oceani, una vastità di cui si conosce meno dello 0,0001%. Questi rappresentano le principali aree di biodiversità del pianeta, in quanto capaci di svolgere tutte le attività di regolazione dei processi di scambio di calore e mitigazione del clima, oltre che anello indispensabile per il processo di assorbimento dell'eccesso di anidride carbonica presente nell'atmosfera.
Attraverso lo studio pubblicato su «Science» Roberto Danovaro, assieme al suo team, si propone di dare inizio ad una rivoluzione biologica capace di produrre programmi costruttivi, al fine di salvaguardare e difendere la biodiversità degli abissi. «Il nostro gruppo di scienziati è riuscito a formulare una proposta organica di cosa sarà lo studio degli oceani nei prossimi 30-50 anni - spiega - Svilupperemo una serie di piattaforme marine profonde che si coordineranno tra di loro e forniranno informazioni sulla dinamica e la vita degli ambienti profondi, sapendo che la maggior parte delle specie che dobbiamo ancora conoscere sono negli abissi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino