La Crypta dimenticata: salviamo a Napoli la collina dei maghi e dei poeti

La Crypta dimenticata: salviamo a Napoli la collina dei maghi e dei poeti
«Colà dove all'entrar subito piomba/notte in sul capo al passegger, che vede/quasi un punto lontan d'un lume incerto/l'altra bocca onde poi riede...

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«Colà dove all'entrar subito piomba/notte in sul capo al passegger, che vede/quasi un punto lontan d'un lume incerto/l'altra bocca onde poi riede all'aperto» (Leopardi, Paralipomeni)


Colà dove all'entrar subito piomba notte. Così Giacomo Leopardi - sulle orme di Virgilio, e nei luoghi che successivamente saranno testimoni della memoria di entrambi - descrive nel terzo canto dei Paralipomeni della Batracomiomachia il leggendario ingresso della Crypta Neapolitana, uno dei luoghi dove si è forgiata la cultura religiosa della città, l'antica grotta dove è nato il mito di Virgilio Mago. Oggi un tesoro chiuso a chiave, simbolo dell'incapacità di valorizzare i «luoghi della memoria» con i quali pure ci gonfiamo il petto. La Crypta - il cui ingresso principale è nel Parco Vergiliano, la Collina dei Poeti che ospita la tomba di Leopardi e quella (presunta) di Virgilio - è un luogo dimenticato, come dimenticata è la leggenda che dalla notte dei tempi circonda questo meraviglioso sito. Stupefacente opera di ingegneria, nata nel primo secolo avanti Cristo su progetto dell'architetto Cocceio con l'obiettivo di potenziare le vie di comunicazione (e gli approvvigionamenti idrici) tra la città di Neapolis e i Campi Flegrei, la Crypta Neapolitana è stata oggetto nel corso dei secoli di importanti restauri, da parte di Alfonso d'Aragona, di don Pedro de Toledo, di Carlo di Borbone e di Giuseppe Bonaparte. Nell'Ottocento la chiusura e da allora l'oblìo, con l'apertura di una nuova galleria a quota più bassa, l'attuale tunnel delle Quattro Giornate, alla quale si è poi aggiunta la Laziale, costruita nel 1925 in piazza Sannazaro.

Alla Crypta Neapolitana, e alla ricca e complessa tradizione letteraria che ne ha fatto uno dei topoi più famosi dell'area napoletana e flegrea, è dedicato un piccolo ma prezioso libro, scritto a più mani, per l'editore Guida, da Mauro Giancaspro, Fabio Mangone, Fulvio De Angelis, Pasquale Di Costanzo, Dino Falconio, Massimo Perna e Lucio Todisco. Un importante contributo al dibattito culturale che purtroppo rischia di arenarsi davanti all'ingresso sbarrato della grotta. Eppure la Crypta, con la Collina dei Poeti che le fa da cornice, potrebbe essere restituita nuovamente alla città: lo ha annunciato il governatore De Luca, recentemente, in consiglio regionale, prevedendo una spesa di 12 milioni di euro.


«Niente di più lungo di quel passaggio sotterrraneo, niente di più fioco di quelle fiaccole, che servono non per vedere tra le tenebre, ma per vedere le tenebre stesse». (Seneca, Lettere a Lucilio).

La Crypta dimenticata - forse non dagli dèi, certamente dagli uomini - è uno dei luoghi più sacri dell'antica cultura religiosa di Napoli. A sacralizzarla hanno contribuito miti, leggende e culti del passato, come quelli di Priapo e Mitra le cui cerimonie si svolgevano proprio nella caverna. A Virgilio si attribuisce invece la veste di sacerdote-costruttore, per aver scavato la Crypta in una sola notte e con l'aiuto di duemila demoni. Anche Leopardi, nel passo dei Paralipomeni sopra citato, fa riferimento a un'antica suggestione: il mito colloca in questo luogo la dimora dei Cimmeri, popolo che non vedeva mai il sole e usciva dalle caverne solo di notte, dedito al culto degli dèi sotterranei. Una consuetudine già attestata da Omero e ripresa dal geografo Strabone. Insomma più fattori - l'aspetto misterioso, l'imponenza e la difficoltà di realizzazione dell'opera - hanno contribuito a proiettare la Crypta, nell'immaginario collettivo del mondo antico - in una dimensione mitica e quasi sovrannaturale.

Era inevitabile, come sottolinea Fabio Mangone, storico dell'architettura, che il Cristianesimo tentasse di «contrapporre la sacralità cristiana ai culti pagani di Priapo e Mitra», a partire dalla costruzione di una prima Cappella dedicata alla Madonna dell'Idria - colei che indica la via - successivamente sostituita da quella dedicata alla Madonna di Piedigrotta. Come ricorda Mangone, poi, «nel 1353 si costruì il santuario di Piedigrotta presso la tomba di Virgilio, trasferendo significativamente alla Vergine quelle connotazioni solari un tempo attribuite ai culti pagani: non è un caso, infatti, che l'immagine della Madonna di Piedigrotta sia caratterizzata dalla presenza del sole a sinistra e della luna a destra della Vergine, in un rimando solenne all'orientamento solare della grotta cui è associata» (vedi anche Roberto De Simone, Nel segno di Virgilio).

La cultura della Magna Grecia e quella della Napoli greco-romana, in un continuo gioco di rimando tra leggenda e realtà, tra religione e mito. Tutto questo, oggi, è la Crypta Neapolitana, scavata nel tufo di Posillipo non da poeti maghi ma certamente da ingegneri tenaci. Luogo che sin dalla nascita, nel I secolo avanti Cristo, ha goduto di un'ininterrotta e cospicua presenza nelle pagine di storici, viaggiatori, scrittori, eruditi e cronisti. Lo racconta bene Mauro Giancaspro, a lungo direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, rilevando la «cultura solare, e ad un tempo notturna», che fa della Crypta un luogo simbolico della città: «Per la sua fisionomia tufacea e porosa; per le leggende, le dicerie e le superstizioni di cui la vita di Napoli è densa; per la chiassosità che è considerata tipica dei napoletani, sia quando si mettono in cammino per andare da un capo all'altro della città, sia quando celebrano riti religiosi, a metà strada tra paganesimo e cristianesimo».


Fino a un centinaio di anni fa, alla Crypta Neapolitana e alla tomba di Virgilio si accedeva attraverso un lungo percorso sul fianco della collina di Posillipo, ovvero salendo le rampe di Sant'Antonio e percorrendo diversi sentieri scoscesi tra cespugli di rovi e orti. Nel 1930, l'anno in cui venne celebrato il ventesimo centenario della nascita di Virgilio, grazie all'interessamento dell'umanista Enrico Cocchia e del sovrintendente Gino Chierici tutta la zona passò al demanio statale, e fu realizzato l'attuale accesso da Mergellina.

Bisogna immaginarlo, lo stupore di Alexandre Dumas quando, percorrendo un sentiero «tutto coperto di rovi e di spine», giunge davanti alla grotta «delle antiche stregonerie» per rendere omaggio al sepolcro del grande Virgilio. «Forse anche Augusto era venuto in quella tomba dove io venivo a mia volta», fantastica Dumas ne Il corricolo (vedi edizione Colonnese, Napoli 1999). «Vi sono dei giorni - racconta - in cui la Grotta è splendidamente illuminata; sono i giorni dell'equinozio. Il sole tramontando esattamente di fronte alla grotta, la trapassa col suo ultimo viaggio e la indora mirabilmente da una estremità all'altra».


«Fra il Promontorio Falerno et il mare via è un Monte, il quale è cavato da mano d'huomini, la quale opera il volgo pensa essere stata fatta da Virgilio per via d'arte magica, dalla qual cosa, essendo stato dimandato dal Re, dissi di non havere mai letto che Virgilio fusse stato magico...» (Francesco Petrarca, Itinerarium Syriacum)

Cosa è rimasto, oggi, di quell'incanto? Fumosi progetti di recupero, più esoterici dei testi alchemici cari a Virgilio. Eppure numerose sono le associazioni che hanno provato ad avviare percorsi di valorizzazione del sito; tra queste il Rotary Club Napoli Castel dell'Ovo, che si batte da anni - come ricorda il presidente Fulvio De Angelis nell'introduzione al volume - per far sì che la Crypta «non finisca per diventare una res delericta».

Res delericta come altri tesori della città svilita. È l'ora di riaprire al pubblico la Crypta delle leggende, realizzandovi un percorso pedonale e, perché no, ciclabile. Per dare un senso a quei settecento metri di galleria romana scavata nel tufo della città e nella nostra memoria.

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Il Mattino