Vomero, il fascino decadente di «Sopranapoli»

Tra foglie cadute, immondizie lasciate e marciapiedi sconnessi

Vomero, il fascino decadente di «Sopranapoli»
In un giorno che tra mezz'ora piove, mi trovo a passare per il Vomero. Su via Scarlatti c'è solita folla e la fiera del cioccolato, Chocoland, appena iniziata. Tra...

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In un giorno che tra mezz'ora piove, mi trovo a passare per il Vomero. Su via Scarlatti c'è solita folla e la fiera del cioccolato, Chocoland, appena iniziata. Tra tartufini, cremini e praline, un furgoncino deve fare manovra, una mamma con carrozzino deve passare, altra gente ha fretta di recarsi da qualche altra parte, ci sono cani e padroni di cani, ragazzi e ragazzini e io stessa che, dopo aver acquistato qualcuna delle ghiottonerie esposte, ho necessità di muovermi. Infilo per strade secondarie, ma non per questo meno centrali. Ovunque ma soprattutto su via Merliani, su via De Mura, passando per la biblioteca comunale intitolata a Croce e chiusa dal lockdown, andando avanti verso piazza degli Artisti tra foglie cadute, immondizie lasciate e marciapiedi sconnessi, ho la stessa sensazione. Nel traffico di automobili strombazzanti, tentando di evitare cacche, ci metto un po' a metterla a fuoco, ma non mi lascerà più: decadenza.

Il fascino discreto di posti lasciati a loro stessi. Quanti ce ne sono, senza panorami e fuori dalla geografia dei visitatori stranieri? Il Vomero già da un po' è distante dal racconto che se ne è fatto in passato, quando lo si indicava come luogo a parte. Forse volutamente distaccato dal corpo urbano chiassoso e colorato chiamato «Giùnapoli», era visto come una specie di approdo più tranquillo e signorile. Ora, in una rimescolanza della città verticale in città turistica, con la stessa leggera spocchia, potremmo parlare di «Sopranapoli». 

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Il Mattino