Sylvain Bellenger e il vino: «Ho “tradito” la Francia per i bianchi di Ischia»

«I vini italiani hanno il gusto della terra che li produce: è tutto più semplice»

Sylvain Bellenger
Un francese «laico», che non prende il vino troppo sul serio ma quanto basta per assaporarlo e goderne senza che l'amato nettare diventi una gabbia per la...

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Un francese «laico», che non prende il vino troppo sul serio ma quanto basta per assaporarlo e goderne senza che l'amato nettare diventi una gabbia per la fantasia, la creatività e la voglia di sperimentare. Sylvain Bellenger sta al gioco e proprio per questo ci prendiamo il lusso di paragonarlo a vini italiani senza che questo rappresenti un problema per il suo orgoglio transalpino. L'ex direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte incarna in sé la perfetta fusione tra due Paesi per certi aspetti simili e forse per questo in perenne competizione, nei secoli dei secoli. Ma poiché la Pasqua è vicina e il desiderio di pace sempre più profondo e necessario, azzardiamo qui una crasi enologica con l'auspicio di non urtare la sensibilità di alcuno, italiani e francesi. Ecco che Bellenger - che con la sua vita e il suo lavoro simboleggia proprio il legame, anziché la distanza, tra i due Paesi - prende dunque le forme di un Picoutener, rosso autoctono della Valle d'Aosta che è le regione vitivinicola più “francese” del Paese e non solo per la sua vicinanza geografica ma anche e soprattutto per le tecniche di produzione e vinificazione: il Picoutener è il nebbiolo locale e, come tale, porta con sé profumi e aromi intensi che, nel vicino Piemonte, plasmano bottiglie indimenticabili come Barolo e Barbaresco.

Veniamo al bianco. Qui si scende, di gradazione e latitudine, fino alle nostre amate terre. E allora Bellenger non è più solo francese e italiano ma diventa anche napoletano. Già, perché il sindaco Manfredi e il Consiglio comunale hanno di recente deciso che lo storico dell'arte sarà cittadino onorario. Per questo motivo, in omaggio alla sua «napoletanità», proclamiamo anche noi che Bellenger è a tutti gli effetti un Greco di tufo. Ad maiora. 

«Ero direttore del Dipartimento di arte europea e americana del museo di Cleveland, lo sono stato dal 1999 al 2005. Avevano immaginato che, da francese, avessi un dono quasi naturale per il vino e così mi conferirono il titolo di cavaliere del gusto». Sylvain Bellenger si racconta. E, quando lo paragoniamo al Picoutener valdostano e al Greco di tufo, sorride.

Dicono che i francesi siano i migliori degustatori al mondo.
«Probabilmente è così. Io però sono nato a Valognes, un piccolo centro della Normandia, siamo famosi per il sidro e il Calvados, acquavite meravigliosa, la più grande espressione della mela».

Sta dicendo che di vino non se ne intende?
«Non ho detto questo. Riflettevo sul fatto che basta dire Francia o essere francese per finire automaticamente nell'olimpo degli esperti».

Non è così?
«Abbiamo grandi etichette. Penso a Château Lafite Rothschild, Château Mouton, Château Latour, quest'ultimo prodotto a Pauillac, nel cuore della regione del Médoc, uno dei più celebri grand cru di Bordeaux. E poi tutti i rossi di Graves, eccellenti».

Ma...
«Ma c'è un'aura di rigore, a cominciare dalle classifiche, e aggiungo di straordinari interessi economici, che rende il mondo del vino di Francia molto più complesso di quanto, ad esempio, non sia in Italia».

Quali sono le differenze?
«I vini italiani hanno il gusto della terra che li produce: è tutto più semplice. Come il cibo d'altronde, è legato al prodotto senza troppe sovrastrutture».

Che cosa intende per sovrastrutture?
«Rispondo con un esempio: in Francia quando a tavola viene portata la bottiglia la conversazione si interrompe, cala il silenzio, mentre qui si continua a parlare, a ridere e a scherzare senza farsi alcun problema».

Sarà perché forse ci prendiamo un po' meno sul serio?
«Può darsi. In realtà parlando di vino si riapre la storica contesa tra la cucina francese e quella italiana».

Secondo lei qual è meglio?
«Buone entrambe, sia ben chiaro. La prima è fatta da grandi chef che propongono ricette eccellenti ma molto articolate; la seconda è meno complessa, genuina, a mio avviso più adeguata al modo di vivere contemporaneo e questo ne spiega anche il grande successo. La pasticceria francese invece resta assolutamente insuperabile».

Bianco, rosso o bollicine?
«A me piacciono i vini campani, soprattutto gli ischitani, Biancolella e Forastera su tutti, ma anche quelli dei Campi Flegrei li sto apprezzando sempre di più».

Altre preferenze?
«Bevo volentieri l'Aglianico, il Greco di tufo, il Falerno del Massico, ottimo anche quello. In ogni caso non ho mai badato all'abbinamento con il cibo, ne ho sempre fatto solo una questione di gusto. Il resto ritengo siano mode e convenzioni».

Ha detto che i vini ischitani le piacciono particolarmente.
«Una ragione c'è. Anni fa ho comprato un'antica cantina nella zona che va verso la collina di Campagnano e l'ho trasformata in casa. Frequentando l'isola ho cominciato ad appassionarmi al suo vino».

Vivendo in una cantina poteva accadere.
«Mi ha stimolato a studiare la storia e la cultura vinicola dell'isola verde. Ho fatto una serie di ricerche e un po' alla volta devo ammettere che i suoi vitigni mi hanno conquistato».

D'altronde l'isola d'Ischia è stata la prima località della Campania autorizzata a usare il marchio doc per i propri vitigni autoctoni.
«Lo so bene: Forastera, Biancolella e Per 'e Palummo. Riconoscimento più che meritato. Mi torna in mente la famosa frase di Napoleone terzo: "Il vino è un'arte" diceva l'imperatore, e aveva ragione. Anche se, non me ne vogliate, quando sono molto stanco e ho bisogno di rilassarmi trovo che nulla sia più efficace di un gin tonic».

Ultima domanda. Un brindisi alla cittadinanza onoraria lo ha già fatto?


«Non ancora. Brinderò appena il sindaco Manfredi me la consegnerà. E lo farò con lo champagne. Ho “tradito” la Francia in diverse occasioni ma la celebrazione della festa è legata a un simbolo che va oltre il gusto. Il simbolo è lo champagne e lo champagne è solo francese».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino