Matteo Lorito e il vino: «L'Università Federico II e il vino scelto per l’arrivo di Maradona»

«Amo il bianco d’estate, i vini campani rappresentano la mia scelta d’elite»

Il rettore della Federico II di Napoli Matteo Lorito
Una lunga carriera accademica costruita con impegno e passione, salendo uno dopo l’altro i gradini fino all’olimpo del rettorato. Matteo Lorito è come quei...

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Una lunga carriera accademica costruita con impegno e passione, salendo uno dopo l’altro i gradini fino all’olimpo del rettorato. Matteo Lorito è come quei vitigni che crescono e si fanno strada a poco a poco superando le sfide della natura, vincendo le competizioni, indotte e non, con le altre piante fino a raggiungere la perfetta maturazione. Se c’è un vitigno che in Campania, più di altri, ha compiuto un percorso di sorprendente miglioramento ed evoluzione, fino all’eccellenza, è il Fiano. Fresco, sapido, rotondo, è l’orgoglio dell’Irpinia e della Campania per la sua eleganza e delicatezza, doti che lo rendono protagonista di squisiti abbinamenti con antipasti e primi di pesce, ma c’è anche chi ama accompagnarlo a formaggi freschi e alla mozzarella di bufala.

Se per il bianco abbiamo scelto di restare in Campania, per il rosso invece ci spostiamo di qualche centinaio di chilometri per raggiungere la Toscana, una terra familiare al rettore della Federico II che lì ha mosso i primi passi da studente laureandosi in Biologia nel 1988 all’Università di Siena. Siamo nel regno del Sangiovese, vitigno che i toscani portano cucito sul cuore perché è il nettare alla base di straordinarie bottiglie come il Chianti, il Morellino di Scansano, il Rosso e il Brunello di Montalcino. Ecco allora che prende forma il nostro abbinamento: se fosse un vino non campano Matteo Lorito sarebbe certamente un Sangiovese, da abbinare a carni rosse alla griglia o a primi elaborati come le pappardelle al ragù di cinghiale. Un’ultima annotazione: per il suo percorso formativo tra Biologia e Agraria, il rettore della Federico II potrebbe essere agevolmente un vino biologico, con tanto gusto e poca anidride solforosa, da bere serenamente senza il rischio di incorrere in fastidiosi mal di testa. 

«Il primo vero approccio con il vino arriva quando avevo circa 28 anni. Stati Uniti, Cornell University, prendevo parte a un progetto dello stato di New York per la realizzazione del Ny state wine».

Vale a dire?
«L'obiettivo era quello di mettere a sistema le piccole e grandi cantine dell'Upstate per migliorare la qualità del prodotto. Ero lì come ricercatore, mi coinvolsero subito: ritenevano che da italiano il mio palato fosse particolarmente raffinato».

La misero a bere.
«Degustare, prego. Degustare per sperimentare nuove produzioni. In realtà si trattava di valutare quello che per me era a tutti gli effetti un protovino, anni luce lontano dal vino vero».

Protovino?
«Sì, una sorta di bevanda nemmeno giudicabile che servì a farmi capire quanto in Europa fossimo fortunati dal punto di vista enologico. Mi resi anche conto della grande difficoltà di produrre vino di qualità senza avere una lunga tradizione alle spalle».

Poi però ce l'hanno fatta.
«Come no. La mia esperienza risale agli anni '90. Oggi i vini di New York vengono a giusta ragione considerati tra i migliori negli Usa. Sono stati bravi gli americani, abili anche a sfruttare il cosiddetto enoturismo. Ricordo che già allora organizzavano tour guidati nelle cantine per far provare, e acquistare, il loro vino».

Bianco, rosso o bollicine?
«Amo il bianco soprattutto d'estate. I campani rappresentano la mia scelta d'elite, il Fiano poi mi piace in modo particolare, ragion per cui non posso che apprezzare il fatto che mi abbiate abbinato a quel vitigno. E poi i grandi bianchi del nord est o una buona etichetta di Francia, l'ideale quando hai voglia di farti un regalo».

Niente rosso?
«Perché no, in alcuni mesi dell'anno e con alcuni cibi diventa irrinunciabile. Tra l'altro il vino rosso mi riporta agli anni in cui studiavo a Siena quando con la comunità studentesca si beveva bene e soprattutto a prezzi bassi».

Che cosa intende per bere bene?
«Brunello, Rosso di Montalcino, Sangiovese, anzi grazie per avermi virtualmente accostato proprio al Sangiovese in cui mi riconosco fino in fondo».

Brunello e Rosso di Montalcino a prezzi bassi?
«Eh sì. Eravamo ragazzi, andavamo a riempire boccioni da cinquanta e cento litri nelle cantine della zona, vino sfuso ma di qualità. E questo mi ha lasciato nel tempo una buona capacità di apprezzamento per i grandi toscani, dal Brunello al Sassicaia. A proposito di Bolgheri, ne ho bevuto uno indimenticabile».

Quando è stato eletto rettore con che cosa ha brindato?
«In realtà eravamo in pieno Covid, festeggiare sarebbe stato impossibile. Abbiamo recuperato in occasione delle celebrazioni ancora in corso per gli ottocento anni della Federico II».

In che modo?
«Con la produzione di una magnum cuvée spumantizzata, un mix di Falanghina, Fiano e Greco. Bottiglia formidabile».

L'avete prodotta voi?
«Certo. Quando ero direttore alla facoltà di Agraria istituii una laurea magistrale in enologia ad Avellino».

In pratica un corso di studi per diventare enologi.
«Enologi di alto livello. Mi ricordo che in facoltà non furono tutti d'accordo e invece la scelta si rivelò vincente».

Torniamo alla cuvée. Chi l'ha prodotta materialmente?
«Gli studenti. A fine anno i ragazzi guidati da eccellenti professori, e faccio un nome su tutti, Luigi Moio, si trasferiscono in cantina dove realizzano un vino dimostrativo che poi diamo in omaggio. Ogni anno un vitigno diverso».

Complimenti!
«Sono molto bravi. Quel corso di laurea ormai è un riferimento per tutto il Sud. E infatti durante una delle ultime visite napoletane di Maradona ci consultarono per sapere quale fosse il vino migliore da offrirgli».

Che cosa consigliaste?
«Ci orientammo verso una cantina di Mirabella Eclano. Negli anni in cui sono stato preside ad Agraria ho avuto modo di scoprire ottime etichette campane».

L'hanno avvistata a Vinitaly. Qualche novità che varrebbe la pena provare?
«La versione spumantizzata dei nostri bianchi è diventata eccellente. Ho notato che la fiera di Verona ha premiato la Campania con una location straordinaria, prova dell'alto gradimento dei nostri vini».

Chiudiamo con un brindisi, a chi vuole farlo?
«A mia moglie Francesca». 

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Il Mattino