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San Carlo, il teatro dell'assurdo
Una poltrona per due, un pasticcio degno di una commedia di Ionesco. O del nodo avviluppato della Cenerentola di Rossini. Il più antico teatro d’opera d’Europa, uno dei più prestigiosi del mondo, ha due sovrintendenti: Carlo Fuortes, ex amministratore delegato Rai in carica dal primo settembre, e Stéphane Lissner, pensionato in anticipo con una norma ad hoc che di fatto aveva interrotto il suo contratto, e reintegrato martedì su disposizione del Tribunale di Napoli.
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Il cimitero dei tronchi segati
La strage è compiuta, il delitto è perfetto. E il paesaggio di Posillipo rovinato per sempre. Dovremmo rallegrarci per l’ok di Comune e soprintendenza alla ripiantumazione di alberi, di specie diversa dal pino, nelle principali strade del quartiere? Proprio non ci riusciamo: lecci e platani scongiureranno, forse, il rischio di attacchi parassitari e nuovi abbattimenti, ma non serviranno a dimenticare lo scempio. Lo ricordiamo, a futura memoria: aver consentito che la “cocciniglia tartaruga” dilagasse, senza porre un argine alla sua aggressività, nonostante gli allarmi lanciati per tempo dagli agronomi e dagli stessi cittadini, è alla base dello scempio della collina che un tempo lontano (oggi non più) «placava il dolore», collina ridotta a cimitero di tronchi segati. Pini abbattuti, strade sventrate, belvedere sfregiato. Intere zone del promontorio ridotte a percorso di guerra. Un crimine contro i cittadini di quel quartiere - basta passeggiare per via Tito Lucrezio Caro per rendersene conto - e contro tutti i napoletani.
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Quei mitra all'ombra della movida
Stese, agguati, minacce e ronde con i mitra per piegare la resistenza dei commercianti sotto ricatto e imporre il dominio della paura, all’ombra di pub, ristoranti, baretti e paninoteche. Che Chiaia non fosse più il palcoscenico di una movimentata bohème, ma teatro di guerra tra clan e luogo di appetiti criminali legati al business della movida, lo sapevamo da tempo: in questi giorni la cronaca si è incaricata di darcene ulteriore conferma.
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La villa, i vandali e la vergogna
Dubitiamo che gli incendiari ne abbiano contezza, ma bruciare il camioncino delle potature, in Villa Comunale, equivale a bucare le gomme di un’ambulanza impegnata in un soccorso. Il cane mozzica lo stracciato e i vandali si accaniscono sull’unico mezzo adibito alla manutenzione della Villa: proviamo una pena, un imbarazzo e una vergogna senza fine per questo giardino storico lasciato a marcire, simbolo di una città che non fa niente per tutelare i propri tesori e i propri luoghi della memoria.
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