Posillipo, lecci e platani non coprono la vergogna

Le pagelle della settimana di Vittorio Del Tufo

Pini tagliati a Posillipo
4 San Carlo, il teatro dell'assurdo Una poltrona per due, un pasticcio degno di una commedia di Ionesco. O del nodo...

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4

San Carlo, il teatro dell'assurdo

Una poltrona per due, un pasticcio degno di una commedia di Ionesco. O del nodo avviluppato della Cenerentola di Rossini. Il più antico teatro d’opera d’Europa, uno dei più prestigiosi del mondo, ha due sovrintendenti: Carlo Fuortes, ex amministratore delegato Rai in carica dal primo settembre, e Stéphane Lissner, pensionato in anticipo con una norma ad hoc che di fatto aveva interrotto il suo contratto, e reintegrato martedì su disposizione del Tribunale di Napoli. In mezzo il San Carlo, al quale vogliamo tutti un gran bene. Un simbolo della città che non merita di diventare il teatro dell’assurdo.

 

5

Il cimitero dei tronchi segati

La strage è compiuta, il delitto è perfetto. E il paesaggio di Posillipo rovinato per sempre. Dovremmo rallegrarci per l’ok di Comune e soprintendenza alla ripiantumazione di alberi, di specie diversa dal pino, nelle principali strade del quartiere? Proprio non ci riusciamo: lecci e platani scongiureranno, forse, il rischio di attacchi parassitari e nuovi abbattimenti, ma non serviranno a dimenticare lo scempio. Lo ricordiamo, a futura memoria: aver consentito che la “cocciniglia tartaruga” dilagasse, senza porre un argine alla sua aggressività, nonostante gli allarmi lanciati per tempo dagli agronomi e dagli stessi cittadini, è alla base dello scempio della collina che un tempo lontano (oggi non più) «placava il dolore», collina ridotta a cimitero di tronchi segati. Pini abbattuti, strade sventrate, belvedere sfregiato. Intere zone del promontorio ridotte a percorso di guerra. Un crimine contro i cittadini di quel quartiere - basta passeggiare per via Tito Lucrezio Caro per rendersene conto - e contro tutti i napoletani.

4

Quei mitra all'ombra della movida

Stese, agguati, minacce e ronde con i mitra per piegare la resistenza dei commercianti sotto ricatto e imporre il dominio della paura, all’ombra di pub, ristoranti, baretti e paninoteche. Che Chiaia non fosse più il palcoscenico di una movimentata bohème, ma teatro di guerra tra clan e luogo di appetiti criminali legati al business della movida, lo sapevamo da tempo: in questi giorni la cronaca si è incaricata di darcene ulteriore conferma. 

 

3

La villa, i vandali e la vergogna

Dubitiamo che gli incendiari ne abbiano contezza, ma bruciare il camioncino delle potature, in Villa Comunale, equivale a bucare le gomme di un’ambulanza impegnata in un soccorso. Il cane mozzica lo stracciato e i vandali si accaniscono sull’unico mezzo adibito alla manutenzione della Villa: proviamo una pena, un imbarazzo e una vergogna senza fine per questo giardino storico lasciato a marcire, simbolo di una città che non fa niente per tutelare i propri tesori e i propri luoghi della memoria.

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Il Mattino