All'improvviso il Genio: l'ombra di Michelangelo nello scrigno dei tesori

All'improvviso il Genio: l'ombra di Michelangelo nello scrigno dei tesori
«Io sono ito tapinando per tutta Italia; sopportando ogni vergogna, patito ogni stento; lacerato il corpo mio in ogni fatica» ...

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«Io sono ito tapinando per tutta Italia; sopportando ogni vergogna, patito ogni stento; lacerato il corpo mio in ogni fatica»

(Michelangelo Buonarroti)

* * *

C'è sempre un valido motivo (anzi più di uno) per tornare a Sant'Anna dei Lombardi. La chiesa simbolo del Rinascimento toscano a Napoli - cuore dell'antico complesso monastico di Monteoliveto - è uno scrigno di memorie scolpite sulla pietra: attraversarla consente di camminare a ritroso nel tempo, di incrociare fantasmi del passato. Come i fantasmi dei Re aragonesi, i cui volti si celerebbero dietro il celebre Compianto sul Cristo morto, il capolavoro in terracotta dello scultore modenese Guido Mazzoni, realizzato nel 1492, dunque in pieno periodo aragonese. Le otto statue a grandezza naturale che compongono la scena - palpitante e viva sotto gli occhi di chi la osserva - rappresenterebbero proprio i sovrani di Casa d'Aragona. Così, in un incredibile gioco di specchi, alcuni studiosi hanno individuato nelle vesti di Giuseppe d'Arimatea, inginocchiato davanti al corpo del Cristo morto, il ritratto di re Ferdinando I o di suo figlio Alfonso II (il committente dell'opera). Mentre dietro il volto di Nicodemo si celerebbe quello di Giovanni Pontano, il famoso umanista napoletano del 400 molto vicino ai sovrani aragonesi.

Si, c'è sempre un valido motivo per tornare in questa splendida chiesa fondata nel 1411 da un nobile del Sedile di Porto, Gurello Origlia, che doveva essere piuttosto potente dal momento che era un protegé di re Ladislao di Durazzo. Fu lui, Origlia, a volere la costruzione di un piccolo luogo di culto - Santa Maria di Monteoliveto - affidandolo ai padri olivetani. Anni dopo, la fabbrica fu sottoposta a radicali lavori di ampliamento da parte di Alfonso II, all'epoca Duca di Calabria, devotissimo dell'ordine olivetano. Così il luogo di culto divenne il centro spirituale della corte aragonese e della nobiltà napoletana.

* * *

Questa splendida chiesa è una macchina del tempo. Spostiamo le lancette al 1544, ed ecco che sulla volta di quello che era a quel tempo il refettorio della chiesa di Santa Maria di Monteoliveto (divenuto poi sacrestia di Sant'Anna dei Lombardi) l'aretino Giorgio Vasari realizzò uno dei suoi capolavori: un ciclo di affreschi e decorazioni che rappresenta, ancora oggi, la più importante impronta del Rinascimento fiorentino a Napoli.
Ma c'è un altro angolo di questo stupefacente complesso monumentale dove appaiono ancora più evidenti i legami strettissimi esistenti tra Napoli e la Toscana. La navicella del tempo ci riporta al quindicesimo secolo, e più precisamente al 1490, quando per volere di Marino Correale, maggiordomo della casa reale aragonese e conte di Terranova, in Calabria, fu realizzata la Cappella che porta il nome del suo committente. Nella Cappella Correale (o dell'Annunciazione) rivive il genio di Benedetto da Maiano, che negli anni Ottanta del Quattrocento era uno degli scultori più richiesti a Firenze, autore di capolavori come la tomba di Filippo Strozzi nella Basilica di Santa Maria Novella e il Crocifisso di Santa Maria del Fiore.

I due fratelli da Maiano, Giuliano e Benedetto, vere e proprie archistar nella Firenze del Rinascimento, maghi della scultura e del legno intarsiato, lavorarono spesso in coppia. Di Giuliano, il fratello più grande, l'Uovo di Virgilio si è occupato più volte: fu lui a costruire per il Duca di Calabria la dimora del Poggio Reale che avrebbe dato il nome a un quartiere della città. Fu sempre lui a realizzare sia Porta Nolana che Porta Capuana, e al suo funerale Alfonso II, che gli voleva bene, mandò cinquanta uomini vestiti di nero (vedi Uovo di Virgilio del 17 ottobre 2021). E Benedetto, il fratello minore? Era un geniaccio anche lui. Maestro e virtuoso della scultura in marmo, divenne presto famoso decorando i soffitti di Palazzo Vecchio a Firenze.

* * *

Nel 1958 la tedesca Margrit Lisner, grande studiosa di Michelangelo, confrontando i lavori in marmo della fase matura di Benedetto da Maiano e quelli di esordio di Buonarroti (del quale avrebbe riscoperto qualche anno dopo il Crocifisso ligneo in Santo Spirito a Firenze) avanzò l'ipotesi di un possibile legame tra i due scultori. Secondo la studiosa, infatti, era da considerarsi «più che realistica» la presenza di Michelangelo quattordicenne, così come avvenne per molti altri giovani artisti suoi contemporanei, presso la bottega di Benedetto da Maiano, luogo di grande fama a Firenze durante il 400.

A sostegno di questa tesi la Lisner analizzò molte opere, e tra queste proprio l'Annunciazione di Napoli, la nostra Cappella Correale. La studiosa concentrò la sua attenzione soprattutto sullo Spiritello reggifestone collocato in alto a destra dell'altare, che attribuì proprio alla mano di Michelangelo adolescente. L'ombra di Michelangelo nel cuore della città? La stessa attribuzione è stata sostenuta e confermata nel 2000 (e poi di nuovo nel 2014) da Francesco Caglioti, noto accademico e storico dell'arte nonché profondo conoscitore della scultura del Rinascimento e dell'arte di Michelangelo. Lo studioso ha riscontrato nello Spiritello napoletano una significativa innovazione stilistica rispetto alle opere di Benedetto da Maiano. Le evidenti novità che lo Spiritello porta con sé - spiega Caglioti - le ritroviamo nella struttura del capo, nell'espressione particolare, quasi satirica del suo volto, e soprattutto nel movimento del corpo. È proprio la singolare postura del putto, impegnato a sorreggere il festone con il braccio destro sollevato che mette in vista l'ascella, che spinge a ritrovare, in questa particolare movenza, uno schema ricorrente e ben riconoscibile in altre straordinarie opere di Michelangelo.

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Sì, c'è sempre un valido motivo - e ve ne abbiamo appena fornito un altro - per entrare nella chiesa di Sant'Anna dei Lombardi e perdersi nei suoi capolavori. Molti gli artisti che hanno lasciato in questo luogo tracce di straordinaria bellezza. Ma per immergersi davvero nello spirito del luogo bisogna ricordare che l'attuale chiesa di Sant'Anna dei Lombardi rappresentava un tempo l'epicentro e il cuore di una vera e propria cittadella monastica, che comprendeva ben quattro chiostri, tre dei quali sono stati incorporati nella vicina Caserma Pastrengo, sede del comando dei Carabinieri. Adiacente alla chiesa, alla destra della facciata principale si sviluppa l'ex monastero di Santa Maria di Monteoliveto, soppresso nel 1799 e riadattato a uso diverso, sia privato che pubblico, tra cui spicca quello di aver ospitato nel 1848 il Parlamento delle Due Sicilie, che si insediò a Napoli due volte, nel 1820 e nel 1848. 

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Il Mattino