PAGANI. Il primo era accusato di avergli prestato un casolare da utilizzare come nascondiglio e poter dunque trascorrere la sua permanenza in zona. L'altro, invece, gli...
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Diverso il ragionamento per D'Amaro, accusato di essere stato l'autista del pregiudicato. Ma anche stavolta, con l'imputato difeso dall'avvocato Vittoria Schiavo, dal processo non sono emersi elementi o prove che confermassero la tesi dell'accusa. In sostanza, D'Amaro aveva ammesso la consegna della sua auto a Carlo Esposito (complice di Nastro) "confermando la consapevolezza che a bordo della stessa avrebbe potuto viaggiare anche il Nastro". Ma - precisano i giudici - lo seppe solo due o tre settimane dopo che la stessa auto sarebbe stata utilizzata anche per trasportare il latitante. Dal dibattimento è emerso che D'Amaro temesse la caratura criminale del latitante, "pur con la rassicurazione che l'auto non sarebbe stata utilizzata a scopi illeciti". Ma quando seppe delle rapine commesse, si tenne "il più possibile a distanza per evitare coinvolgimenti". Ma nè l'uso effettivo dell'auto da parte di Nastro è stato provato, nè è stata dimostrata la reale sussistenza di una concreta e consapevole condotta di agevolazione da parte di D'Amaro. I giudici hanno deciso per l'assoluzione perchè il fatto non sussiste Leggi l'articolo completo su
Il Mattino