C’era Gaetano 19 anni, gli occhi azzurri appena affacciati sul mondo degli adulti. La mattina si svegliava presto, infilava la tuta da benzinaio e correva a lavoro. Poi la...
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Una strage di innocenti alle pendici del Monte Saro che, nella notte tra il 5 ed il 6 maggio del 1998, vomitò a valle fango e detriti, seppellendo vive le persone. In una realtà travestita da incubo. Il sindaco di allora condannato e, a 18 anni di distanza, ancora tanti strascichi che non consentono di chiudere un’ulteriore tristissima pagina della tragedia: quella del dopo frana.
Una storia strana, su diversi fronti: dalla messa in sicurezza alla ricostruzione, dai processi infiniti e dagli atti improvvisi a capovolgere tutto. Una storia costellata di visioni contrastanti, che negli anni si è arricchita di situazioni paradossali, spesso illogiche, tante volte incredibili. Cosa ha insegnato? Qualcuno ha detto che «i morti al sud sono morti di serie B, e bisogna stare attenti a dove si muore in Italia». Questo dopo l’approvazione dell’emendamento sui risarcimenti ai familiari delle vittime, presentato dal Pd nella legge di Stabilità, che ha tagliato in due il Paese. Ha definito il costo della morte di 100mila euro, uguale per tutti, non tenendo conto dell’età e delle differenze sostanziali da persona a persona. Un atto per salvare le casse del Comune, condannato ai risarcimenti insieme alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero degli Interni, e che estingue automaticamente tutti i procedimenti ed i processi di anni. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino