«Black angels»: così erano conosciuti nell’ambiente i buttafuori arrestati ieri. E attraverso il profilo Facebook di Salvatore Lo Bosco c’erano...
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Colui che gli inquirenti ritengono a capo del gruppo, Walter Castagna, è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine essendo stato ritenuto in passato un sodale al clan «dei ragazzi di via Irno», il gruppo opposto agli Stellato. Ultimamente è finito sotto processo a Nocera Inferiore per maltrattamenti nei confronti della sua ex. In passato, quando decise di collaborare con la giustizia per poi ritrattare la stessa collaborazione, gli inquirenti trovarono spesso i suoi racconti dissonanti con quelli di altri pentiti. E dopo essere uscito dal programma di protezione per testimoni, ha tentato di ricostruirsi una vita ma a quanto pare non riuscendovi e continuando ad attuare propositi criminosi come «eliminare fisicamente un soggetto ritenuto scomodo per l’affermazione della sua supremazia nel settore oltre che per antichi contrasti mai sopiti», scrive il gip in ordinanza.
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Persona «molto vicina a lui», tanto da chiedergli di uccidere il Quaranta, è Vincenzo Cortiglia, già indagato per traffico internazionale di stupefacenti, ed arrestato ad ottobre scorso per rapina quando fu anche trovato in possesso di una Glock 9x21 e di una pistola a salve calibro 8, a dimostrazione come sia semplice per lui reperire armi ed occultarle. È stato lui, dopo aver desistito a compiere l’omicidio Quaranta, a riferire ai carabinieri di Battipaglia il progetto delittuoso.
Gli altri due indagati, Salvatore Fedele e Salvatore Lo Bosco, sono ritenuti soggetti «abitualmente dediti all’utilizzo della violenza trattandosi di esperti picchiatori», come si evince dalla intercettazioni. Ad essere ben inserito nel contesto criminale, secondo le accuse, nonostante la funzione da lui rivestita, è l’agente di polizia penitenziaria Massimiliano D’Ambrosio, che partecipa attivamente all’affermazione del gruppo oltre ad aver assistito al pestaggio commissionato da Salvatore Lo Bosco nei confronti del figlio, senza intervenire né denunciare l’accaduto, ma anche disponibile ad informarsi personalmente sulla ditta che gestiva la sicurezza al Palasele ad Eboli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino