Ci vogliono meno di quattro ore di treno per passare da fiume a fiume, dall’Arno all’Irno, da Firenze alla città di San Matteo. Intorno alle 10 di ieri,...
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Il primo ad andargli incontro, dinanzi all’arcivescovado di via Roberto il Guiscardo, è monsignor Moretti. «Benvenuto a Salerno», gli dice prima di fargli conoscere tutti i collaboratori di curia, sacerdoti e laici. Bellandi stringe mani, sorride, scambia battute. È entusiasta e si vede, soprattutto quando si volta a guardare il campanile arabo-normanno del duomo e la cattedrale. «Che bello qui», esclama. E di bellezza, venendo da Firenze, se ne intende. Il clima è informale. Dopo aver visitato l’arcivescovado, il nuovo pastore entra nel quadriportico del duomo e don Michele Pecoraro, il parroco, gli fa da cicerone raccontando la storia e i segreti della chiesa madre salernitana. E poi scende nella cripta e qui non solo resta meravigliato dalla bellezza di quello scrigno d’arte, ma dice a chi lo accompagna che «il primo che voglio incontrare è San Matteo». E sulla tomba dell’apostolo prega e celebra messa, ricordando la sua famiglia e ringraziando con le parole «io sono stato benedetto dal Signore». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino