Botte, rapine e minacce racket al mercato ittico

Grossisti nel mirino, l'indagine partita dopo il furto di un Rolex

I controlli al porto
«Mi ha detto che quei due giovani avrebbero potuto farmi del male ma, grazie all'intervento dello zio Angelo Ubbidiente, si era bloccato tutto, nel senso che era...

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«Mi ha detto che quei due giovani avrebbero potuto farmi del male ma, grazie all'intervento dello zio Angelo Ubbidiente, si era bloccato tutto, nel senso che era riuscito ad evitare la spedizione punitiva». È il drammatico racconto fatto da una delle vittime del gruppo di estorsori del mercato ittico agli agenti della Squadra mobile quando decise di denunciare le violenze subite.

Da quella denuncia, rafforzata da una successiva presentata da un altro grossista, gli uomini del vicequestore Gianni Di Palma, coordinati dalla Direzione distrettuale Antimafia, hanno individuato sei personaggi autori di una serie di reati. Ieri mattina l'esecuzione della misura restrittiva firmata dal gip Piero Indinnimeo. Sei le richieste del sostituto procuratore Marco Colamonici, cinque quelle accolte dal giudice per le indagini preliminari che spedito in carcere Carmine e Marco Amoruso, Armando Massa, Angelo Ubbidiente. Ai domiciliari, invece, Giuseppe Tortora. Denunciato a piede libero Pasquale Casalino.

Secondo il gip Indinnimeo, gli indagati sono «presuntivamente pericolosi» di qui la necessità della reclusione. Un lavoro certosino quello degli investigatori partito da una rapina subita da una delle vittime di 40mila euro e di un Rolex, con tanto di colpo di mazza addosso, e andato avanti attraverso l'intercettazione delle telefonate partite da un cellulare e da tre diverse schede intestate a tre diverse persone straniere probabilmente inesistenti. Proprio da quel traffico telefonico e dalle denunce dei due grossisti di pesce, si è arrivati all'individuazione di ciascuno degli indagati e dei loro rispettivi ruoli.

Gli indagati (difesi dagli avvocati Danilo Laurino, Giuseppe Russo, Luigi Gargiulo e Fabio Carusone) sono accusati a vario titolo di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, rapina aggravata dall'uso delle armi, ricettazione, porto e detenzione illegali di arma comune da sparo nonché detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo hashish.

Secondo quanto ricostruito una vittima, un commerciante del mercato ittico di Salerno, avrebbe ricevuto messaggi telefonici minatori nel mese di marzo 2021 dopo aver subito, nel precedente mese di gennaio, una rapina nel corso della quale, picchiato con un tubolare in ferro, avrebbe subito la sottrazione di 40mila euro e di un Rolex. Lo stesso commerciante sarebbe stato convocato a un incontro il mese successivo, quindi ad aprile, presso un bar di Sarno dove incontrò, appunto, Armando Massa, che si qualificò come il nipote di Angelo Ubbidiente. In quella circostanza la pretesa estorsiva sarebbe stata esplicitata con chiara metodologia mafiosa: «Tu sai come devi comportarti, sai dove passare». Quindi gli consigliarono di «passare dallo zio» (Angelo, ndr) per «il fatto del mercato». In questo contesto i poliziotti della Mobile hanno anche ricostruito le dinamiche attraverso le quali Ubbidiente, all'epoca ai domiciliari, poteva dedicarsi all'attività di spaccio, dando 1.500 euro al nipote per acquistare la droga.


Dalla rapina all'estorsione, fino alle minacce fatte nel bar di Sarno, tutti gli indagati hanno avuto ciascuno un suo ruolo. Esecutori materiali delle violenze, secondo la ricostruzione dell'Antimafia, sarebbero stati i due Amoruso, Tortora avrebbe avuto il ruolo di accompagnatore ed autista, Massa di accompagnatore ed istigatore delle azioni delittuose e porto abusivo di arma, una revolver. Casalino, che è soltanto indagato, avrebbe invece ricevuto da Matteo Giordano il Rolex appena rapinato e lo avrebbe rivenduto per 5mila euro. L'accusa a carico di Ubbidiente, invece, è solo di acquisto e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
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Il Mattino