Calcestruzzo e burocrazia, dodici anni per dire "no" alla sanatoria

Calcestruzzo e burocrazia, dodici anni per dire "no" alla sanatoria
BATTIPAGLIA - Dodici lunghi anni sono trascorsi. Anni durante i quali è mutato l’assetto del territorio, si sono avvicendate più di tre amministrazioni e diversi commissari...

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BATTIPAGLIA - Dodici lunghi anni sono trascorsi. Anni durante i quali è mutato l’assetto del territorio, si sono avvicendate più di tre amministrazioni e diversi commissari prefettizi, è cambiato il personale ed il Municipio ha persino traslocato. Anche la legislazione in materia è stata modificata adeguandosi alle nuove esigenze di rispetto ambientale e tutela del territorio.


Nel frattempo una pratica edilizia giaceva a prendere polvere in qualche archivio dell’ufficio tecnico. Ciò che si chiedeva di poter sanare ormai è stato quasi del tutto demolito e come se non bastasse, colui che aveva inoltrato la domanda al Comune di Battipaglia non c’è più. Era infatti il 14 gennaio del 2003 quando l’imprenditore del calcestruzzo Filippo Troisi, ben noto sul territorio per essere stato presidente della Salernitana dall’80 all’83, proprietario di molte cave, un sito di discarica nel Comune di Montecorvino Pugliano ed anche dell’ex Etap Hotel, inoltrò al Comune di Battipaglia una richiesta di sanatoria per «manufatti costituenti attività produttiva». Si trattava di un piccolo impianto estrattivo di ghiaia e di un impianto di calcestruzzo connesso. Il «commendatore», come allora lo chiamavano, sosteneva infatti che il sito risaliva al 1967 e che aveva ottenuto una concessione demaniale per potervi svolgere l’attività. Il tutto prima che il Comune di Battipaglia adottasse il piano regolatore che risale al 1972. Ma nel Prg quell’area, che è in località Fasanara, venne destinata a zona di rispetto stradale. Tra le carte «rispolverate» non si riuscì a trovare traccia di quella antica concessione demaniale e come se non bastasse, nel 2004, cioè solo un anno dopo la richiesta del «commendatore» il Decreto Legislativo 42 sottopose l’area a vincolo. Poi intervenne la legislazione in materia di valutazione di impatto ambientale e nel frattempo, era intervenuta anche l’Autorità di bacino Campania Sud che aveva inserito la zona in fascia fluviale A, cioè a pericolosità idraulica tale da non consentire «tali manufatti». Insomma non sarebbe stato difficile, né particolarmente complicato giungere ad un diniego in tempi brevi. Eppure la pratica rimase a giacere nel cassetto. Fino all’altro ieri quando, improvvisamente, a firma del nuovo dirigente dell’ufficio tecnico, ingegner Giancarlo D’Aco, è comparso all’albo il diniego alla sanatoria. Peccato, però, che nello scorrere degli anni non siano mutati solo i luoghi, i funzionari, i dirigenti, gli amministratori e la legislazione in materia. Quel diniego, infatti, è giunto troppo tardi per il diretto interessato che, scomparso nel 2009, probabilmente, ne starà ora sorridendo da un mondo diverso.






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Il Mattino