Casa di riposo lager, gli indagati «Niente sevizie, solo parolacce»

Un fotogramma dei filmati registrati nella casa di riposo di Acerno
SALERNO Hanno parlato per quasi 4 ore tentando di giustificare i loro atteggiamenti fornendo una versione “alternativa” davanti alle immagini più...

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SALERNO Hanno parlato per quasi 4 ore tentando di giustificare i loro atteggiamenti fornendo una versione “alternativa” davanti alle immagini più raccapriccianti che li mostrano mentre maltrattavano gli anziani ospiti della casa di riposo di Acerno Villa Igea. Si sono difesi così, davanti al Gip del tribunale di Salerno Ubaldo Perrotta, gli operatori socio assistenziali finiti nell’inchiesta della Procura sull’ospizio lager culminata con l’esecuzione di 18 misure interdittive.


Roberto Di Lascio, amministratore della società Villa Igea, sua madre Rita Di Nicola, il cugino Salvatore Di Nicola, Alfonsina Rubino, Raffaele Pecoraro e Pierina Capone assistiti dagli avvocati Stefano Della Corte e Anna Roma, hanno ammesso il linguaggio volgare e scurrile utilizzato nei confronti degli anziani affermando di essere rammaricati per ciò, ma hanno respinto le ipotesi di reato di maltrattamento. In particolare Roberto Di Lascio, amministratore della società ed uno dei personaggi chiave dell’inchiesta insieme a sua madre, ha ribadito l’idoneità delle condizioni igieniche della struttura che, per questo, non è stata chiusa e continua a operare con altri operatori socio-assistenziali. Dopo aver allegato un’ulteriore certificazione sanitaria che contrasterebbe con quanto detto dalle due ex dipendenti che, con la loro denuncia, hanno fatto scattare l’inchiesta, ha affermato che all’interno della casa di riposo erano state installate da parte dell’amministrazione ben 8 telecamere e si è detto disponibile ad un sistema di collegamento online proprio per dimostrare la correttezza dell’operato degli impiegati. È infatti questo uno degli elementi cardine della difesa: le intercettazioni ambientali effettuate dagli inquirenti sarebbero limitate ad una sola zona della sala comune, l’unica monitorata attraverso una telecamera installata dalle forze dell’ordine ma nessun dispositivo è stato mai installato nelle altre aree della struttura come, ad esempio, il bagno e le cucine.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino