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Sono cinque le mostre, visitabili il mercoledì e il sabato dalle 18 alle 20 fino al 30 settembre, che arricchiscono, nel suggestivo scenario di Palazzo Coppola a Valle/Sessa Cilento (Sa), gli eventi culturali della dodicesima edizione di «Segreti d’Autore», il Festival dell’Ambiente, delle Scienze, delle Arti e della Legalità ideato da Ruggero Cappuccio e diretto da Nadia Baldi.
«Synaesthet X» è un progetto artistico a cura di Paolo Iammarone e Vincenzo Fiorillo e consiste in un percorso sensoriale, dove il suono e l’immagine si fondono per dar vita a un’esperienza coinvolgente e stimolante. Attraverso le opere di Iammarone, le musiche originali di Ivo Parlati e dello stesso Fiorillo, con la regia di Aldo Verde e la direzione della fotografia di Stefano De Stasio, viene raccontato il mondo femminile, il suo mix di bellezza, grazia e leggerezza che, quando è necessario, è in grado di mescolarsi anche alla forza. Con la Barbie, icona globale della contemporaneità, a rappresentare l’essenza e la resistenza senza tempo delle donne, e una camera buia che arriva alla fine del percorso espositivo, simbolo del ventre materno, dove si potrà assistere all’ultimo quadro: una composizione video-musicale nella quale l’immagine si fa suono e il suono ne restituisce l’immagine.
«Malùra» è invece la mostra dell’artista Simona Fredella, dove i protagonisti sono i corpi, o meglio quello che ne resta, di alcuni dei più noti drammaturghi napoletani, ritratti in un inusuale processo di de-composizione.
Nei giacimenti della mitologia classica c’è sufficiente materiale per collegare le immagini e i racconti ad un Olimpo rinnovato nei suoi riti e nei suoi linguaggi. Alcuni di questi drammaturghi riplasmano l’esperienza del rito, rendendolo elemento dialettico della condizione umana del tempo; altri rinsaldano il legame con il mondo antico costruendo su questa memoria arcaica le fondamenta di una nuova creatività o il motore drammaturgico di vari sviluppi narrativi. Quasi 100 fotografie, ritratti di scrittori, registi, musicisti, attori, ma anche il gesto di un ragazzo per le strade di Palermo o uno sguardo assorto all’ospedale di Palermo, ci raccontano il mondo meraviglioso e 30 anni di lavoro di Lia Pasqualino nella mostra «Il tempo dell’attesa». L’esposizione mette in luce l’originalità dello sguardo della fotografa palermitana che, attraverso la poesia delle sue immagini, mostra il silenzio, il mistero e l’umanità di sguardi, occhi e mani tra le terre di Sicilia, le quinte di un teatro e un set cinematografico.
Un progetto che ripercorre le fasi si una ricerca continua, dalla metà degli anni Ottanta ad oggi, e la definizione di un linguaggio intenso quanto riservato. Ricca di suggestioni e di riflessioni è anche la mostra fotografica di Romeo Civilli «Human Right?», dove quel punto interrogativo suona come un pesante atto d’accusa guardando una parte dei reportage che Civilli ha realizzato in giro per il mondo. Le immagini dei campi profughi Saharawi, del lavoro minorile in Ghana, delle donne e dei bambini affetti da albinismo in Uganda, delle spose bambine, dei Dalit indiani, dei ragazzi di strada e dei profughi Rohingya in Bangladesh, ci aprono gli occhi su un’umanità sofferente e ci portano a sperare che la Dichiarazione Universale dei Diritti umani, datata sulla carta 10 dicembre 1948, diventi finalmente realtà.
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