Suor Cecilia, quando ha visto in televisione le immagini dei camion militari lasciare Bergamo per trasportare i morti della pandemia, le si è stretto il cuore, ha pianto....
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Quando ha visto quei camion trasportare le bare ha ricordato la telefonata che il giorno precedente le aveva fatto una sua consorella, una monaca clarissa, «qui si respira aria di morte», le aveva detto. «Lei vive a Nembro – ha raccontato suor Cecilia Benevento – il paese dove si è registrato un focolaio di contagio. In pochi giorni ha perso il papà e due zii, fratelli del padre. Mi ha raccontato delle strade vuote, delle sirene delle ambulanze che squarciano il silenzio ed i tanti carri funebri».
La religiosa si commuove quando racconta la vicenda di un’altra religiosa diventata sua amica da quando è costretta ad andare in Lombardia per i controlli che ora ha dovuto interrompere per la pandemia. «Ha perso la madre – ha continuato suor Cecilia – il fratello è ricoverato in Rianimazione a Brescia e lei è in quarantena. Ha visto la mamma l’ultima volta quando l’ambulanza del 118 l’ha portata via. Poi ha visto la bara. Mi ha raccontato che è stato straziante. Il medico e gli infermieri che l’hanno seguita durante il trapasso le hanno assicurato che è stato fatto il possibile. Le hanno anche detto che quando una persona sta per morire non si possono avvicinare, gli infermieri le toccano un piede per far sentire che qualcuno è lì con loro». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino