Un sistema ben congegnato, dove tutti gli indagati parlavano in codice, stando attentissimi a non farsi scoprire. Nonostante ciò, e grazie ad una indagine svoltasi in tempi...
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«Si tratta - ha commentato il procuratore della Repubblica vicario, Luca Masini - solo della punta di un iceberg. Andremo avanti con ulteriori accertamenti». Le indagini hanno consentito di riprendere i trasferimenti di denaro che, tramite i due dipendenti amministrativi che trattenevano la loro quota, venivano successivamente consegnate ai due giudici tributari.
Gli importi pagati ai due giudici per ottenere sentenze favorevoli andavano dai 5mila ai 30mila euro, anche se in alcuni casi sono state promesse altre dazioni, come l'assunzione del figlio di un giudice da parte di una delle società coinvolte oppure la concessione in uso gratuito di un appartamento in città. Gli accertamenti svolti hanno anche consentito di individuare 10 procedure il cui iter è stato condizionato dalla corruzione e verificare che tutte sono state decise con sentenze favorevoli ai contribuenti corruttori, con l'azzeramento delle somme dovute al fisco per le imposte evase, interessi maturati e le sanzioni comminate. Complessivamente, da una prima stima, le imposte evase, gli interessi maturati e le sanzioni amministrative annullate con le decisioni condizionate dalla corruzione, ammontano a circa 15 milioni di euro. Gli imprenditori erano tutti del Salernitano, tranne uno dell'Avellinese. Una società di Siano ha ottenuto, ad esempio, la cancellazione di un debito di oltre 8 milioni; per un'altra di Salerno, invece, la somma contestata ed annullata raggiungeva quasi il milione. Sono state eseguite anche perquisizioni negli uffici delle commissioni e della commissione tributaria e negli studi di altri professionisti indagati, la cui posizione è in corso di valutazione. Ad uno dei due dipendenti della commissione tributaria sono stati trovati in casa oltre oltre 50mila euro in contanti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino