D'Auria accusato di bancarotta, annullato il maxi-sequestro

Accolte le istanze dell'ex colonnello: restituiti 2,6 milioni

D'Auria accusato di bancarotta, annullato il maxi-sequestro
Bancarotta patrimoniale, il Tribunale del Riesame annulla l'ordinanza del Gip del tribunale di Nocera Inferiore e restituisce 2,6 milioni di euro all'ex colonnello...

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Bancarotta patrimoniale, il Tribunale del Riesame annulla l'ordinanza del Gip del tribunale di Nocera Inferiore e restituisce 2,6 milioni di euro all'ex colonnello dell'esercito e imprenditore, Giuseppe D'Auria, e alle due figlie Giuseppina ed Eleonora Luisa, indagate nel medesimo procedimento. Sono state dunque accolte le istanze del collegio difensivo, composto dagli avvocati Annalisa Califano, Massimiliano Forte e Carlo De Martino. «Occorre rilevare - spiegano i giudici - che, come eccepito dalla difesa, nel decreto impugnato non vi è alcun riferimento, seppur sintetico, al periculum in mora, cioè alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione, con il sequestro, dell'effetto ablativo della confisca».

L'inchiesta si concentrava sui tre, nelle vesti di amministratori di una società fallita che operava nel settore della grande distribuzione, con le indagini che andavano dal 2016 al 2019. La procura di Nocera accusava i tre di aver impiegato - in sostanza - ingenti disponibilità economiche dell'azienda per eseguire opere e migliorie (lavori edili ed impianti) su di un immobile di proprietà di un'altra società, sempre a loro riconducibile, causandone dunque il dissesto ed il successivo fallimento per il crescente indebitamento. Il complesso immobiliare interessato dai lavori era il Korè Village a Nocera Superiore.

Le opere rientravano nella nuova attività denominata «progetto ristorazione». Lo stesso complesso era suddiviso in tre corpi: uno adibito a wellness/fitness, a seguire hotel e ristorante. L'inchiesta si era sviluppata per l'impossibilità di acquisire all'attivo fallimentare la somma sostenuta per la ristrutturazione del complesso immobiliare, essendo la stessa stata inscindibilmente incorporata - secondo le accuse - nel fabbricato di pertinenza di altra immagine societaria, anch'essa riconducibile agli indagati. In sede di inventario, la curatela acquisì al fallimento i soli beni mobili, come arredi ed attrezzature, dislocati nell'area wellness/fitness e in quella hotel della struttura, la quale era stata ristrutturata con risorse ritenute provenienti dalla società fallita.

Tuttavia, il Riesame richiama pronunce della Cassazione sul caso, in particolare facendo riferimento al parametro della «esigenza anticipatoria» e al principio di diritto riguardo il provvedimento di sequestro preventivo, il quale «deve comunque contenere una motivazione, seppur concisa, del periculum in mora, esplicando così le ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo connaturato alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili "ex lege"».

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Il Mattino