Dalla custodia di denaro al furto e alla sostituzione di banconote false, la truffa della Ipervigile e la denuncia della Banca d'Italia

Dalla custodia di denaro al furto e alla sostituzione di banconote false, la truffa della Ipervigile e la denuncia della Banca d'Italia
NOCERA INFERIORE - Diciannove indagati, cinque dei quali finiti ai domiciliari e 12 milioni di beni sottoposti a sequestro preventivo. Sono i numeri dell'operazione Ipervigile...

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NOCERA INFERIORE - Diciannove indagati, cinque dei quali finiti ai domiciliari e 12 milioni di beni sottoposti a sequestro preventivo. Sono i numeri dell'operazione Ipervigile scattata all'alba di oggi e che ha portato all'esecuzione di provvedimenti restrittivi e patrimoniali a carico di quello che, per il procuratore capo di Nocera Inferiore, Gianfranco Izzo, è da ritenersi il Gruppo De Santis della Ipervigile, addetta alla custodia e al trasporto del denaro in diversi istituti bancari. Un'associazione malavitosa dedita ad una serie di reati fallimentari e non: dall'appropriazione indebita aggravata ei reati tributari e previedenziali, dalle violenze ai dipendenti alla truffa aggravata per ottenere finanziamenti pubblici. Secondo i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza (comandanti dal tenente colonnello Enea Zanetti e diretti dal generale Antonio Pellegrino Mazzarotti) il gruppo avrebbe anche sostituito, durante la conta del denaro destinata alle banche, le banconote con alcuni tagli falsi da 10, 20 e 50 euro. A denunciare tutto al sostituto procuratroe Roberto Lenza, e far scattare così le indagini, sono stati proprio i dirigenti della Banca d'italia che hanno trovaro un ammanco di nove milioni di euro.

E' stato così che, passo dopo passo, si è ricostruita la complessa architettura criminale messa in atto da De Santis e soci che consisetva nel creare società di vigilanza e pulizia in tutta Italia (non solo in tutte le province campane ma anche a Roma e Merano) attarverso le quali far transitare soldi e servizi. Società che non versavano mai le tasse e venivano poi portate al fallimento. Allora il gruppo, che costringeva propri dipendenti a fare da prestanomi, assorbiva il personale e intascava i contributi previdenziali. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino