SALERNO - La decisione di trasformare il distributore di benzina in un punto self service. È stato l’inizio della sua fine, lui da gestore dell’area era diventato una sorta...
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L’ex gestore del distributore di benzina di via XXV Luglio all’altezza del ponte di Pregiato, si è impiccato nel bagno del bar del’area di servizio. A lanciare l’allarme i familiari che non lo hanno visto rincasare. Negli ultimi tempi, infatti, l’uomo, colpito da una forte depressione per la grave crisi economica che lo stava attanagliando non usciva più di casa. Gli amici più stretti, ma anche i semplici conoscenti sapevano ormai da tempo dei suoi problemi finanziari che si erano aggravati negli ultimi tempi per l’insorgere di nuovi debiti. A ritrovarlo sono stati gli agenti del commissariato di polizia, diretti dal vicequestore Marzia Morricone, poco prima della mezzanotte proprio nell’area di servizio di via XXV Luglio. Sul posto anche i vigili del fuoco della Compagnia di Salerno (distaccamento città) e gli operatori del 118. Già dall’esterno i poliziotti hanno intravisto dalla finestra del bagno il corpo ormai esamine dell’uomo che penzolava dal soffitto.
Inutili i soccorsi. Gli agenti hanno atteso l’arrivo del medico legale per i primi esami esterni sul cadavere. Per la polizia si è trattato di suicidio per impiccagione e non è stata disposta l’autopsia. Nella stessa giornata di ieri la salma, che si trovava nel cimitero cittadino, è stata trasferita a Potenza suo paese natale. Stravolta dal dolore la moglie, originaria di Santa Lucia, che viveva con lui in un appartamento in via Prolungamento Marconi. «Era una persona buona – dicono i conoscenti – Purtroppo è stato travolto dagli eventi negativi che gli sono capitati». Il fallimento della sua attività e poi numerosi problemi economici che saltavano fuori a catena, gettandolo in una crisi sempre più nera.
Solo qualche mese fa sempre nella sua ex stazione di servizio un incendio distrusse un’area gazebo. Poi la pressione di dover guadagnare o quanto meno di riuscire a coprire le tante spese che non aveva potuto più provvedere. La sua mente e soprattutto il suo animo, già provato da una gioventù difficile, non ha retto l’urto di quello che forse lui stesso considerava l’ennesimo fallimento ed ha deciso di farla finita. Se ne è andato così in silenzio, lasciando la sua città di adozione senza neppure un ultimo saluto. «Non è riuscito a reggere la pressione di questi ultimi mesi – dicono gli amici -. Si è sentito sopraffatto dai suoi problemi economici. Aveva chiesto aiuto ed in molti gli avevano dato una mano, ma non è bastato.
Con ogni probabilità si è sentito con le spalle al muro». Una condizione disoerata che lo ha spinto alla più tragiche delle decisioni. Un cappio al collo per fuggire dall’assedio del suo fallimento di piccolo imprenditore. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino