Un regalo di matrimonio, di quelli riposti in soffitta, dimenticati in uno scatolone e scampati alle grandi pulizie solo per la voglia di conservare il ricordo di una persona cara...
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«Mio zio Luigi – racconta il nipote – aveva frequentato e si era diplomato presso la Scuola della Farnesina, meglio conosciuta come Scuola fascista di educazione fisica. Il suo primo incarico di professore di ginnastica fu a Rimini, al liceo ginnasio Giulio Cesare». E fu proprio lì che ebbe il giovane Fellini tra i suoi allievi. «Era l’inverno del 1937 – racconta Luigi jr - e dovendo entrare alla seconda ora, mio zio si concesse una passeggiata sul lungomare, in quel periodo desolato. Camminando, notò accovacciato sul tavolino di un bar un ragazzo: Federico Fellini». L’intento del professore era quello di «prenderlo per la collottola e trascinarlo a scuola», continua. Ma il ragazzo, «con voce suadente e remissiva, lo anticipò e gli chiese di offrirgli la colazione, non avendo una lira». Giusto il tempo di accontentarlo «che gli fece trovare sul tavolino un ritratto colorato su carta Bristol e lo ringraziò con questa battuta: “Professore, lo conservi perché io un giorno sarò un grande”». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino