Bambino ucciso da due pitbull a Eboli, il veterinario: «Neanche noi ci siamo potuti avvicinare»

Luigi Morena rivive quei drammatici minuti: ci vuole il patentino per i possessori di cani

Il dolore delle famiglie
La tragica morte del bambino di Eboli rischia di far finire sotto accusa gli animali domestici e di generare paura nelle tantissime famiglie che vivono con un cane al suo interno....

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La tragica morte del bambino di Eboli rischia di far finire sotto accusa gli animali domestici e di generare paura nelle tantissime famiglie che vivono con un cane al suo interno.

Dottore Luigi Morena, veterinario, responsabile dell’Unita operativa veterinaria del distretto di Eboli –Battipaglia della Asl, ma il cane non era l’amico fedele dell’uomo? Bisogna avere paura? 
«L’episodio che è accaduto ad Eboli determina una sconcerto generale ma va inquadrato molto probabilmente nella non conoscenza precisa da parte dei proprietari, degli animali che posseggono. Non a caso sono previsti corsi per avere patentini per detenere animali, in cui viene spiegato in che condizioni vanno detenuti. Spetta ai Comuni organizzarli in associazione con le Asl, il Comune più attento è quello di Milano, da noi non sono stati ancora avviati. I pitbull hanno una capacità di mordere elevatissima grazie a degli apparati muscolari e mascellari fortissimi; si tratta quindi di animali che vanno detenuti nelle migliori condizioni possibili sia per gli uomini che per gli animali».

Che idea si è fatto di quello che è successo? 
«Da quello che abbiamo capito, il bambino era l’unico a non essere conosciuto dai pitbull. I cani marcano il territorio e permettono l’accesso ad esso a tutti quelli che sono di casa e li conoscono. Il bambino era un soggetto estraneo tant’è che sembrerebbe che si sarebbe data da fare tutta la famiglia per strapparlo agli animali ma non è riuscita perché hanno trattato il piccolo come se fosse una cosa estranea a quel luogo. Anche a noi che siamo intervenuti dopo l'aggressione, hanno detto di non avvicinarci: sono dovuti intervenire i proprietari per consegnarceli. Abbiamo posto i cani sotto sequestro sanitario per un obbligo di legge che ci impone di tenerli in questa condizione per almeno dieci giorni ed escludere eventuali infezioni da rabbia. Nel 90 per cento dei casi, però, non viene mai riscontrato questo problema».

Potrebbe essere un pericolo, allora, ogni volta che ci avviciniamo ad un pitbull che non conosciamo? 
«I pitbull nell’immaginario collettivo sono tutti pericolosissimi ma in realtà sono stati resi pericolosi dalla volontà dell’uomo. L’aggressività è dovuta al fatto che stiamo abituando questi animali ad essere guardiani delle nostre abitazioni ed in questo caso aggrediscono tutto ciò che è estraneo. La conferma è nel fatto che ad Eboli è stato aggredito solo il bambino perché era l’unico non conosciuto. Ma non bisogna avere paura: per il novanta per cento dei casi il pericolo non esiste».

Sarebbe opportuno secondo lei ripristinare la lista delle 17 razze pericolose di cani introdotta dall’ex ministro Sirchia in cui ci sono anche i pitbull? 
«Sarebbe utile per la tranquillità di tutti. Tra l’altro veniva imposto ai proprietari di cani di quelle razze l’assicurazione obbligatoria che presuppone un elemento di solidità economica e di maggiore consapevolezza, oltre a comportare una serie di obblighi. Non si si potevano tenere questi cani senza museruola fuori dall’ambiente domestico».

Che consigli si sente di dare per vivere serenamente con un cane?
«Rispettare l’animale e soprattutto informarsi bene sulle caratteristiche della razza. Gli episodi di aggressione avvengono spesso in case isolate in cui i cani vengono istigati a fare una guardia feroce, ma non si dovrebbe fare». 

Cosa rischiano i proprietari dei pitbull?


«Il giudice potrebbe ritenerli responsabili di non aver detenuto gli animali in maniera che non offendessero gli altri, erano però nel giardino di una casa privata dove i proprietari non avevano l’obbligo di museruola nonostante fossero di grossa stazza. Per poterli riconsegnare ai proprietari, i cani devono essere rieducati ed avere una certificazione da un veterinario specializzato nel comportamento degli animali presso il Criuv, il Centro di riferimento regionale per l’igiene urbana veterinaria». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino