Era poca la droga trovata nel caffè: sconto di pena per tredici pusher

Era poca la droga trovata nel caffè: sconto di pena per tredici pusher
CAVA DE' TIRRENI - Non era uno spaccio organizzato, ma di «lieve entità». Tredici imputati nell’inchiesta «Hair Coffee», ottengono uno...

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CAVA DE' TIRRENI - Non era uno spaccio organizzato, ma di «lieve entità». Tredici imputati nell’inchiesta «Hair Coffee», ottengono uno sconto di pena in secondo grado, rispetto alle condanne decise dal tribunale di Nocera Inferiore, anni prima. Il collegio ha condannato (con riduzione) ad 1 anno e 10 mesi Gennaro Scirgolea e Antonio Benvenuto, mentre ad 1 anno e 4 mesi Debora Abbamonte, Domenico Caputano, Umberto Della Corte, Raffaele De Martino, Pasquale Giuliano, Guidotti di Montegualtieri, Maria Elena Dominique, Carlo Lamberti, Claudio Mazzotta, Carmine Medolla e Arianna Villani. Ridotta la condanna anche a Carmela Bisogno, ad 1 anno e 4 mesi. Per nove degli imputati, il tribunale ha sospeso la pena. Nel collegio difensivo gli avvocati Esposito, Della Monica e Secondino. L’inchiesta va dal 2013 agli anni successivi, con la droga spacciata a Cava, ma anche in costiera amalfitana. 


Cocaina, hashish e marijuana, vendute principalmente ai giovani e persino nascosto nelle tazzine di caffè. Da qui lo spunto che diede il nome all’inchiesta, che individuò due distinti gruppi impegnati a smerciare stupefacente. Il Tribunale ha riconosciuto la fattispecie del quinto comma, ovvero la droga spacciata in lieve entità. Entrambi i gruppi, da indagini condotte dall’allora sostitut Cacciapuoti, avrebbero ruotato intorno ad un bar-pasticceria, a pochi metri dal cuore della movida cavese. La droga veniva acquistata nel napoletano, a Boscoreale, Pompei e Torre Annunziata. Poi lo spaccio, che si registrava quasi sempre nelle ore serali, anche in mezzo ai passanti, con i pusher occasionali che approfittavano della calca tra bar e locali. Lo scambio di soldi, con relativa dose, avveniva sempre per strada, negli angoli di arterie secondarie e nei pressi dei portici del corso principale. Gli assuntori, in quel caso, non giungevano solo da Cava de’ Tirreni, ma anche dalla costiera amalfitana. Seppur i carabinieri avessero bloccato, con una serie di interventi, le prime cessioni, l’attività di spaccio veniva spostata altrove.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino