Adesso la parola torna alla magistratura. I tecnici dell’Arpac avrebbero effettuato ieri l’ultimo dei controlli previsti alle Fonderie Pisano. Un’ispezione...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Quello di ieri, infatti, è stato solo l’ultimo atto di una vicenda che va avanti da tempo. Negli ultimi due anni e mezzo, dopo le prime forti proteste del comitato Salute e vita, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale ha dato una forte risposta agli abitanti di Fratte in merito all’annosa questione delle Fonderie Pisano. A iniziare con il posizionamento di una centralina mobile appositamente piazzata in via dei Greci, a cinquecento metri dallo stabilimento. Non solo: nel corso del tempo, diverse sono state le ispezioni straordinarie, disposte dal commissario Pietro Vasaturo, con l’attivazione di task force organizzate per il controllo di acqua, aria e suolo della Valle dell’Irno. Eppure, al netto di queste attività, considerando solo le ispezioni che hanno interessato le fonderie dal mese di novembre 2015, i soldi pubblici investiti ammonterebbero a più di 300mila euro.
Il calcolo, come spiega Vasaturo, è forfettario e arrotondato per difetto: «Euro più euro meno, senza essere pignoli sull’ammortamento delle macchine e sul costo effettivo del personale impegnato per ore, ogni uscita costa circa 20mila euro, con missioni, rischio e assicurazioni, dell’impiego della multiservizi, delle attività di laboratorio, delle analisi, del trasporto, dell’utilizzo delle apparecchiature. Senza tenere conto del tempo sottratto ad altre attività. Un’operazione di controllo può durare quattro o cinque giorni, ma anche una settimana, per via dei controlli alle varie matrici». I conti, dunque, sono presto fatti. Partendo dal blitz disposto dalla magistratura e affidato al dipartimento di Caserta dell’Arpac, le operazioni di controllo complete sono state tre. La prima a novembre, la seconda a febbraio (dopo la prima chiusura dell’impianto), la terza ad agosto (dopo il sequestro penale ma conseguente alla seconda chiusura amministrativa dell’opificio). Tre operazioni in tutto, 15 uscite a circa 20mila euro l’una, per un totale medio di 300mila euro. Un conto che analiticamente potrebbe essere anche più alto. Il tutto, in condizioni economiche che per l’Arpac sembrano farsi più difficili: «Ci risulta che nel bilancio 2016 sono stati tagliati circa 9 milioni di fondi ordinari – aggiunge il commissario - e che persiste e si aggrava, per pensionamenti e decessi, ogni giorno la situazione di sotto organico». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino