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R.S. chiamò inoltre più volte i carabinieri - come dimostrato dai tabulati e che la difesa non poté produrre in primo grado perchè la richiesta non fu accolta - temendo un'intrusione in casa, dopo aver notato alcuni danneggiamenti all'esterno di casa. La sentenza spiega che «l’arbitrarietà dell'occupazione ben poteva e doveva essere fronteggiata col ricorso agli ordinari strumenti legali approntati dall’ordinamento, anziché mediante l'organizzazione di una spedizione punitiva in piena regola». Il giovane, giunto in ospedale, spiegò di essersi ferito accidentalmente da un amico mentre maneggiava una balestra, «chiaramente per evitare che l'imbarazzante aggressione di tre persone in orario ormai quasi notturno e in luogo isolato ai danni di una persona sola venisse alla luce, cosa che accadde invece grazie alla telefonata dello stesso R.S. ai carabinieri».
Il comportamento dell'imputato viene valorizzato rispetto a quello della vittima, che «nulla aveva da nascondere» e che diede impulso alle indagini. Gli aggressori non furono trovati dai carabinieri, che giunsero sul posto sequestrando la balestra e la freccia insanguinata. L'approccio dei tre «fu tutt'altro che pacifico». Uno del gruppo - «verosimilmente armati» - ruppe il vetro inferiore della porta d’ingresso con un calcio. L'imputato, dal suo lato, «ebbe ovviamente timore di subire gravi violenze fisiche e si trovò nella necessità di difendere la propria incolumità». R.S. scoccò una freccia attraverso il buco nella parte inferiore della porta, mirando alle gambe.
L'uomo «era barricato in casa e con una visuale ristrettissima di quanto avveniva all'esterno o di quanto li si macchinava a suo danno». Il ragazzo fu colpito al torace sinistro. Se la cavò con 20 giorni di prognosi.
Il Mattino