Furto dati alla Tim, call center nel mirino: via alle perizie sui cellulari degli indagati

Furto dati alla Tim, call center nel mirino: via alle perizie sui cellulari degli indagati
Una perizia da affidare ad un consulente per scavare all’interno...

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Una perizia da affidare ad un consulente per scavare all’interno di cellulari e altri supporti informatici. È il nuovo step dell’inchiesta su un furto enorme di dati personali ai gestori telefonici condotto dalla Procura di Roma, che a luglio scorso coinvolse anche tre salernitani, residenti nell’Agro nocerino sarnese, tra Scafati e Angri. L’incarico al perito sarà affidato oggi, poi serviranno i tempi previsti per analizzare computer e telefonini sequestrati alle 20 persone raggiunte all’epoca da misura cautelare. Per il gruppo campano, le accuse sono di detenzione o diffusione abusiva di codici di accesso e accesso abusivo ad un sistema informatico. Sullo sfondo c’è l’indagine nata dopo una denuncia della Tim, che aveva permesso di scoprire una serie di accessi abusivi attraverso diversi account in uso ai dipendenti di gestori di servizi di telefonia e di società partner per l’accesso ai database, con le chiavi spesso carpite in modo fraudolento e direttamente gestiti dalla stessa società denunciante. Tra le persone sottoposte ad indagini nell’Agro nocerino, una di queste gestiva un call center. L’indagine, ribattezzata “Data Room”, fu condotta dalla polizia postale. I dati rubati sarebbero stati almeno 1,2 milioni, con decine di migliaia di euro spartiti tra operatori infedeli e collettori-rivenditori di informazioni. Tra gli indagati ci finirono, oltre ai dipendenti raggiunti da provvedimento disciplinare dalla Tim, anche procacciatori di dati ed intermediari, che avrebbero gestito il commercio di informazioni ottenute da banche dati. Con loro, anche i titolari di call center telefonici, che avrebbero sfruttato quelle notizie per contattare potenziali clienti e lucrare sulle commissioni per ogni portabilità, che arrivavano fino a 400 euro per ogni nuovo contratto stipulato. La polizia postale registrò accessi abusivi alle data room in uso ai gestori telefonici gestiti da Tim, con all’interno gli ordini di lavoro di delivery e i reclami provenienti dalle segnalazioni dell’utenza relativi ai disservizi della rete di telecomunicazioni. Le informazioni ottenute erano utili per le società di vendita di contratti da remoto, che cercavano di intercettare la clientela più vulnerabile, proponendo il cambio dell’operatore. Da una parte c’erano tecnici infedeli che raccoglievano dati, dall’altra un giro che ruotava intorno alla figura di un imprenditore campano, a sua volta a contatto con i restanti indagati. I dati finivano sul mercato dei call center, 13 quelli individuati in Campania, “puliti” e rivenduti. 

 

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Il Mattino