«Sarà tutto un fuori programma. Sono sempre su un palco a proporre qualcosa che ha che fare con il nostro spettacolo, la nostra musica. A Salerno, invece,...
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Giuliano Sangiorgi protagonista all'università degli Studi di Salerno. Cosa porterà sul palco del teatro di ateneo? Cosa significa per un artista raccontarsi e confrontarsi con i giovani?
«Non sarà da un palco che parlerò agli studenti. Certo le sembianze del teatro di ateneo sono quelle di un grande stage, ma non lo considererò un vero e proprio palco su cui esibirsi. Non lo farò! Sarà del tutto un incontro informale, per come piace a me. Avrò, certo, una chitarra accanto a me, ma sarà in funzione di racconti che condivideremo sulle vite passate insieme e che attraversano spesso le nostre canzoni e le riempiono di un quotidiano nuovo, ogni volta che le generazioni cambiano intorno alla musica».
Salerno è un'università d'eccellenza, prima al centro sud per la ricerca scientifica ed inserita nei grandi ranking internazionali tra l'èlite accademica mondiale. Il talento e le competenze dei ricercatori del sud si impongono a livello internazionale così come la musica. Come si fa ad emergere in un contesto socio economico complesso e difficile come il Mezzogiorno, terra da cui si fugge?
«Siamo partiti da un Sud che è sempre stato linfa vitale per la cultura da cui attingere per le nostre creazioni. Non siamo mai stati indietro rispetto a nessuno. Vivevamo una Lecce universitaria che, senza l’ausilio dei social ( allora non c’erano), era perfettamente al passo coi tempi. Quello che succedeva a Londra non era per nulla distante da quello che succedeva nella nostra città. Eravamo semplicemente desiderosi di sapere cosa succedeva nel mondo e rispondevamo con la nostra musica».
Il Sud può essere una marcia in più nelle atmosfere, nella capacità di resistenza alle difficoltà e nell'ispirazione?
«Il fatto che non ci fossero grandi strutture di propulsione attente a quello che potesse accadere nella nostra Puglia, non disarmava i nostri animi, anzi, ci stimolava a far meglio degli altri, di quelli che nascevano e crescevano in zone d’Europa in cui era più facile emergere. Le difficoltà, da sempre presenti nel Sud del mondo, non hanno mai impedito a chi viene da lì di superare qualsiasi avversità, anzi li hanno fortificati e resi fortezze impenetrabili e pronte ad ogni tipo di sfida col resto del mondo».
Quali emozioni ci sono dentro il docufilm «L'anima vista da qui»? In un'intervista parli di forza, autocosapevolezza, amicizia, crisi, nuove possibilità. Perchè l'urgenza di raccontarsi? La storia dei Negramaro può essere fonte di ispirazione?
«La storia dei Negramaro è unica. Siamo stati la band degli anni Zero. Siamo la band degli anni dieci. Siamo all’alba del nostro decimo album, forti ancora di grandi tour negli stadi e grandi produzioni discografiche. Siamo tutti i successi che attraversano le generazioni e le diverse epoche, ma soprattutto siamo una vera e propria famiglia allargata. Se non si vede l’urgenza di raccontare una storia di coesione così forte alle nuove generazioni, forse non le si conoscono bene, e si omette il loro indubbio bisogno di ascoltare storie di condivisioni vere, in cui tutto nasce e finisce nell’amicizia, in un’epoca in cui è facile bastarsi, dall’angolino remoto di una stanzetta, che ti può sembrare affollata a colpi di mouse e di click, ma che poi ti riporta alla sua solitudine…che successo è , senza condividerlo con chi ami?!»
È appena uscito nelle sale «Frozen 2»: cosa significa dar voce alla colonna sonora di un film d'animazione della Walt Disney? In genere riesci a far sognare attraverso la tua musica. Come cambia, invece, Giuliano Sangiorgi in questa nuova esperienza?
«Cantare per Frozen 2 significa diventare l’eroe di mia figlia Stella. Penserà che sono la voce di tutti i suoi cartoni preferiti. Glielo farò credere. Premerò Stop sul finale di ogni cartoon che vedrà e le canterò la mia personale sigla». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino