Inchiesta sulla 13enne abusata «Trappola contro di me lei mi chiamava papà»

Inchiesta sulla 13enne abusata «Trappola contro di me lei mi chiamava papà»
Si è difeso respingendo ogni addebito e sostenendo di essere vittima di una trappola costruita ad arte dalla compagna che voleva vendicarsi per la fine della loro...

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Si è difeso respingendo ogni addebito e sostenendo di essere vittima di una trappola costruita ad arte dalla compagna che voleva vendicarsi per la fine della loro relazione. D.S., il 37enne salernitano finito dietro le sbarre del carcere di Fuorni con la pesantissima accusa di violenza sessuale ai dannni della figlia della compagna, una ragazzina di soli 13 anni, si è presentato ieri davanti al Gip del tribunale di Salerno Stefano Berni Canani per l’interrogatorio di garanzia.


Accompagnato dal suo legale, l’indagato, dipendente di una ditta di giocattoli, ha fornito la propria versione dei fatti sostenendo prima di tutto di non aver mai sfiorato, neppure con un dito, la ragazzina con la quale non avrebbe mai intrattenuto rapporti sessuali di alcun tipo e in secondo luogo disconoscendo la paternità di quei messaggi dal contenuto erotico, intercettati dagli inquirenti e definiti dallo stesso Gip nell’ordinanza di custodia cautelare, «inquietanti».

A scrivere quei messaggi, secondo quanto sostenuto ieri dall’indagato, sarebbe stata la stessa ragazzina che, come affermato dall’uomo nel corso dell’interrogatorio, abitualmente si impossessava del suo telefonino. Poi, per non destare alcun sospetto, avrebbe cancellato ogni traccia dal telefono del patrigno custodendo quelle prove solo nella memoria del suo telefonino. «Le volevo bene – ha affermato l’uomo in lacrime davanti al Gip – la trattavo come una figlia e lei stessa mi chiamava papà».

L’uomo ha poi evidenziato che nei messaggi non compromettenti, dei quali si è assunto la paternità, la figliastra non lo chiamava mai per nome; negli altri, invece, quelli a sfondo osceno e che il 37enne afferma di non aver mai scritto, la 13enne si rivolgeva al patrigno chiamandolo con il nome di battesimo. Una prova, questa, secondo l’indagato, della trappola costruita da madre e figlia. Il 37enne ha poi ammesso di essere entrato più volte nel cuore della notte nella stanza della minore giustificando però quegli episodi con il sentimento di affetto che nutriva nei riguardi della ragazzina. Ha poi ha ricostruito lo scenario familiare nel quale la minore, già in passato vittima di uno stupro di gruppo, viveva. Con il padre naturale non ci sarebbe stato mai alcun rapporto e la stessa madre della ragazza non si sarebbe mai occupata di lei. L’indagato ha affermato che la donna la lasciava sempre da sola e non aveva alcuna cura della figlia. 


Contro di lui restano pesantissime le accuse formulate dalla Procura e fondate principalmente sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate dagli inquirenti nel corso delle indagini scattate in seguito alla denuncia della donna che si sarebbe accorta delle attenzioni dell’uomo nei confronti della ragazzina. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino