Locali col cappio in vetrina: «Abbiamo la corda al collo»

Locali col cappio in vetrina: «Abbiamo la corda al collo»
«Ci hanno messo una corda al collo. Ecco perché abbiamo deciso di issare un cappio all’esterno delle nostre attività commerciali». L’annuncio...

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«Ci hanno messo una corda al collo. Ecco perché abbiamo deciso di issare un cappio all’esterno delle nostre attività commerciali». L’annuncio arriva da Emilio Manzi, titolare della pizzeria Il Duca e socio Aisp, associazione imprese Salerno e provincia, dopo l’ennesima batosta inferta al settore Horeca. «Con questo sistema delle zone ci stanno ammazzando - incalza - L’unica cosa seria da fare sarebbe quella di premere per una campagna di vaccinazioni di massa. Il resto è propaganda sulla nostra pelle. Il mio locale regalerà pizza e birra a tutti coloro che avranno fatto entrambe le dosi. Nel frattempo fateci lavorare, perché di asporto non si vive». E infatti ieri erano più i ristoranti a porte chiuse che quelli che hanno deciso di provare a resistere per ancora due settimane. «Il tempo delle proteste è finito, ora occorre muoversi con azioni legali - denuncia Carla D’Acunto del Mediterraneo - L’associazione Mio Campania ha dato mandato a un avvocato di Benevento per presentare un ricorso al Tar a nome di quanti, su base regionale, vorranno tentare questa carta per poter restare aperti sia a pranzo che a cena fino alle 22». 



E le adesioni sono già numerose, anche perché «bisogna purtroppo fare un distinguo - continua - Dall’inizio dell’emergenza sanitaria ci sono locali che chiudono la saracinesca e accolgono i clienti all’interno a bere e fumare fino a tardi, senza che nessuno controlli. Anche per colpa di questi comportamenti scellerati siamo ridotti così. Ed è vergognoso che noi siamo costretti alla fame mentre chi sarebbe deputato alle verifiche sta con le mani in mano. Sembra quasi che ci sia una forma di connivenza». Lo sa bene Donato Bernardo, meglio conosciuto come Donato il macellaio per il suo bistrot delle carni: «Ho speso ventimila euro per dotare il mio ristorante di plexiglass che separano i tavoli, di un impianto di depurazione dell’aria e di tutto il necessario per effettuare la sanificazione due volte al giorno. Gli altri lo fanno? Qualcuno sì, molti altri no. Si sta scatenando una guerra tra poveri, a questo punto è giusto colpire solo chi non rispetta i protocolli, consentendo agli altri di andare avanti in piena sicurezza». Nel mirino finiscono in particolare i cocktail bar, almeno quelli che hanno interpretato con eccessiva libertà il concetto di asporto e che, in zona rossa come in zona gialla, acconsentono a che i loro clienti sostino per ore all’esterno dei locali in gruppi di decine e decine. «Basta guardarsi intorno, sembra che non sia cambiato nulla. Tutto scorre nell’indifferenza, a parte i nostri tavolini vuoti e i nostri incassi buttati al vento - sottolinea Cosmo Di Mauro dell’Antica Bagnara - C’è un mare di gente a passeggio, in spiaggia, dappertutto. Possibile che solo noi dobbiamo essere penalizzati?». Anche Di Mauro aderirà al ricorso di Mio, che a livello nazionale ha indirizzato una lettera al Governo per chiedere il lockdown nazionale: «Se esiste una emergenza sanitaria, allora si chiuda tutto perché soltanto con il lockdown totale, come l’anno scorso - si legge nel documento - possiamo pensare di salvare la stagione estiva, ultima speranza di sopravvivenza».

 

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Il Mattino