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Condanna bis per l’imprenditore battipagliese Antonio Campione e della moglie Maria Coppola. I giudici della Corte di appello di Salerno hanno confermato la sentenza di primo grado, a 4 anni e 2 mesi per Campione e 2 anni ed 8 mesi per la Coppola, per una tentata estorsione commessa ai danni di un ristoratore e dei familiari di quest’ultimo. I giudici di secondo grado, nelle motivazioni alla sentenza emessa fanno riferimento tra l’altro anche ai timori della vittima sia «a causa dell’insistenza delle minacce formulate da Campione che per la fama criminale del medesimo». La vicenda oggetto del processo nasce quando alcuni locali, ubicati in via Gramsci a Battipaglia e di proprietà della Coppola, vennero sottoposti a confisca previo sequestro dal Tribunale di Salerno: a quel punto Campione (che, a parere dei giudici, era l’effettivo proprietario dei locali solo formalmente intestati alla moglie) convocò il gestore del ristorante di via Gramsci, chiedendogli 4mila euro mensili «visti i tempi e che era in centro a Battipaglia», per il locale in fitto dal 2003 a 1870 euro mensili. Difronte al diniego del ristoratore, che già pagava un canone di 1890 pattuito direttamente con il custode giudiziario e che quindi non avrebbe potuto corrispondere altri 2mila euro in “nero”, Campione (noto anche per essere tra gli accusatori nel processo La Marca) si sarebbe rivolto all’affittuario con tono minaccioso affermando che il custode giudiziario non «contava nulla e non era nessuno. I soldi li dovrai dare a me». E nei mesi successivi, incontandolo per strada, gli urlò contro «ma non hai capirto? Mi devi dare la differenza del fitto, altrimenti o con le buone o con le cattive ti metto in condizioni di andartene e lo sai che ho la possibilità e le conoscenze per farlo». Il ristoratore fu molto intimorito dalle minacce, tanto da cedere la gestione del ristorante al proprio figlio Vincenzo ( alla fine le parti lese denunciarono i fatti), ma le richieste del pagamento del fitto in nero, in aggiunta al canone da corrispondere al custode giudiziario, non terminarono e se da una parte la vittima - sebbene rifiutandosi al momento - si dichiarava disponibile ad un aumento del canone se l’immobile fosse tornato alla legittima proprietaria, dall’altra la coppia avrebbe continuato nelle intimidazioni «altrimenti gli avrebbero causato grossi danni e lo avrebbero buttato fuori dal locale» e, difronte alla prospettazione dell’impossibilità per la vittima di di pagare all’insaputa del Tribunale, l’interlocutore risponedeva che «i soldi li voleva e basta, altrimenti lo avrebbe costrtetto a chiudere l’attività e gli avrebbe mandato i controlli di vigili urbani e dipendenti comunali».
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Il Mattino