SALERNO - Era finita in cella con il marito quattro anni fa e doveva scontare 5 anni di reclusione, con sentenza divenuta definitiva, per aver partecipato...
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Decisiva, per la remissione in libertà, la battaglia portata avanti dai suoi legali, gli avvocati Massimo Torre ed Emiliano Torre, che hanno sollecitato l’intervento del garante dei detenuti della Campania che aperto un’istruttoria e ha interessato gli organismi competenti. La decisione è arrivata ieri quando il tribunale di sorveglianza, lo stesso che lo scorso anno negò la liberazione anticipata in base al presupposto che la donna continuava ad intrattenere rapporti con clan camorristici, ha sciolto la riserva concedendo alla 30enne di via Salvo D’Acquisto che in carcere ha ricevuto encomio per il suo comportamento, la liberazione anticipata, lo speciale beneficio che si riconosce ai detenuti che abbiano dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione e non siano incorsi in rilievi disciplinari.
«La nostra assistita – spiegano gli avvocati Massimo ed Emiliano Torre – doveva uscire dal carcere già nel febbraio scorso: è invece rimasta detenuta ingiustamente per altri sette mesi perché il magistrato del tribunale di Santa Maria Capua Vetere davanti al quale facemmo istanza, con una decisione singolare e senza appigli giuridici, le negò il beneficio sulla base del presupposto che la stessa continuava ad intrattenere legami con il clan del marito. Una pura deduzione dovuta al fatto che la donna, così come concessole dall’autorità, si sentiva telefonicamente con Villacaro attraverso colloqui autorizzati e controllati». È per questo che i suoi legali hanno subito presentato reclamo al tribunale di sorveglianza e hanno sollecitato l’intervento del garante lamentando «l’ingiusta permanenza della donna in carcere in base ad un provvedimento contra legem». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino