Paziente morta in clinica a 84 anni: maxi-risarcimento da un milione

Paziente morta in clinica a 84 anni: maxi-risarcimento da un milione
Un milione di euro come risarcimento per la morte di una paziente. Si tratta della cifra che la clinica, Casa di Cura Cobellis, di Vallo della Lucania, dovrà pagare ai...

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Un milione di euro come risarcimento per la morte di una paziente. Si tratta della cifra che la clinica, Casa di Cura Cobellis, di Vallo della Lucania, dovrà pagare ai cinque figli di Maria Cammarano. È quanto deciso dal tribunale civile di Vallo della Lucania. In sede penale la vicenda si è chiusa con l’archiviazione di medici e della clinica.


Maria Cammarano, 84 anni, morì nel 2010 a circa 35 giorni dalla operazione in clinica, dopo che firmò le dimissioni dalla per essere ricoverata e operata per altre due volte al San Luca. In seguito alla morte e alla denuncia dei parenti è stata disposta anche la riesumazione del cadavere per ulteriori accertamenti. In sede penale tutto è stato archiviato. In sede civile la famiglia di Cammarano, tutelata dall’avvocato Michele Capano, in seguito a due nuove perizie, ha ottenuto, in primo grado, il risarcimento di 918mila euro. La clinica Cobellis – tutelata in sede di appello civile dall’avvocato Bartolo de Vita – si è vista respingere la richiesta di sospensione del pagamento ma ha presentato appello avverso la sentenza.

Tutto ha avuto inizio il 4 ottobre del 2010 quando Maria Cammarano venne ricoverata nella clinica privata, dopo una visita e degli accertamenti pre-ricovero, per poi essere sottoposta il 7 ottobre a un intervento chirurgico di “colecistectomia laparoscopica”. Secondo quanto emerso, successivamente all’intervento, dato l’aggravarsi del quadro clinico, la signora Cammarano venne trasportata (dimissioni firmate dai parenti della donna) all’Ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania, laddove veniva sottoposta d’urgenza ad un primo intervento di laparotomia esplorativa e, poi, ad un secondo intervento.

L’aggravarsi delle condizioni di salute condussero, però, la paziente al decesso il 13 novembre 2010. Il procedimento penale è stato archiviato dal Gip del Tribunale di Vallo della Lucania il 10 aprile 2013, in base a quanto emerso dalla perizia del medico legale. Ma il procedimento civile è iniziato un anno e mezzo dopo e i figli di Cammarano si sono affidati all’avvocato Michele Capano. Al termine del primo grado di giudizio è stato sentenziato il risarcimento di quasi un milione di euro. Le motivazioni sono state pubblicate nei giorni scorsi. Il legale dei figli ha poi annunciato: «Vorremmo che venisse riaperto anche il procedimento penale in seguito alle nuove perizie emerse». Il legale della nota clinica nell’appello ha però annunciato nuove documentazioni non considerate nel primo grado del processo civile, come il consenso della paziente a sottoporsi all’intervento nonostante la consapevolezza dei possibili rischi.


Dice il legale della clinica De Vita: «Il documento è stato trovato nel fascicolo sequestrato dalla Procura. Un documento nel quale emerge l’accettazione del rischio da parte della paziente». La difesa di De Vita si basa su questi documenti e sull’iter seguito dal personale sanitario nell’accettazione, nell’operazione e nella degenza “fino alle dimissioni volontarie” della donna. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino