«Niente carne di maiale al bambino», marocchino condannato per maltrattamenti

«Niente carne di maiale al bambino», marocchino condannato per maltrattamenti
SAN VALENTINO TORIO. E’ stato condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere un 39enne marocchino, colpevole di aver più volte picchiato la moglie, anche dinanzi al figlio...

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SAN VALENTINO TORIO. E’ stato condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere un 39enne marocchino, colpevole di aver più volte picchiato la moglie, anche dinanzi al figlio piccolo, imponendole regole severe, come proibire al bimbo ad esempio di mangiare carne di maiale. La vicenda, che va dal 2011 agli anni successivi, si sarebbe consumata tra Nocera e San Valentino Torio. Decisiva per la condanna è risultata essere la testimonianza della donna, che dinanzi al giudice ha spiegato i comportamenti violenti del marito, a cadenza quotidiana, oltre che di indifferenza verso la tutela della sua famiglia. Nello specifico, non portando da mangiare a casa. La moglie, pur di nutrire il figlio, si sarebbe accontentata di alcuni vasetti di cibo che gli venivano dati un uomo in chiesa. Quando però il marito scoprì che al suo interno vi era anche del maiale, avrebbe rimproverato la moglie, per poi tentare di strangolarla davanti al piccolo.


L’imputato si sarebbe fermato solo dopo aver visto il figlio impaurito. In un’altra occasione, invece , l’uomo avrebbe mostrato al ragazzino il momento in cui veniva tagliata la gola ad una pecora, secondo quanto prevede la tradizione della festa islamica "del Sacrificio". Il bimbo si sarebbe spaventato, restando assai turbato. «Un giorno c’era la festa di loro che ammazzano le pecore - ha raccontato la donna durante il dibattimento - perché è la loro festa di marocchini, e lui davanti al mio bambino ha tagliato la gola alla pecora, e il bambino si è spaventato molto, si è messo a nascondersi sotto la tavola, e diceva il Padre nostro. E lui si è spaventato: ha detto che non doveva dirla, quella preghiera; doveva dire che non ci sta Gesù». Sempre stando alla testimonianza, i comportamenti dell'imputato erano spesso conseguenza dell’uso di alcol e stupefacenti, che si evolvevano poi in maltrattamenti continui verso la stessa. Fino alla denuncia presso carabinieri e servizi sociali, che fece partire l’indagine della procura. Il tribunale, dopo aver emesso sentenza, ha disposto ulteriori indagini alla procura su ulteriori episodi addebitati all'imputato, consumati quando la donna decise di cambiare città e abitazione, pur di ritrovare la sua tranquillità.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino