Dichiarazioni «generiche e contraddittorie» rese attraverso tecniche di ascolto «inappropriate e condizionanti», e «modalità intrusive e...
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I CONSULENTI
Nella sentenza i giudici demoliscono il modus operandi dei consulenti finalizzato a provocare nei dichiaranti «un effetto di “accomodamento” secondo un percorso logico che non teneva conto del contenuto delle risposte, spesso confuse e contraddittorie». I giudici abbracciano le conclusioni dei periti secondo cui «dette modalità di approccio, nonostante i minori presentassero una generica capacità di testimoniare, hanno comportato l’assenza di spontaneità, genuinità e credibilità delle dichiarazioni rese». Il risultato di questo approccio investigativo è «il rischio concreto di un travisamento dei fatti» attraverso la «costruzione di falsi ricordi e quindi un’alterazione della capacità specifica di testimoniare». L’inchiesta nasce dalle rivelazioni della figlia maggiore della coppia che, rifugiatasi dalla vicina per sfuggire alla miseria morale che era costretta a subire tra le quattro mura domestiche, in un primo momento rappresenta il grave stato di degrado in cui viveva la famiglia a causa dei continui litigi dei genitori, ma soprattutto, per la presenza del compagno del padre «uomo violento, che aveva soppiantato la madre nel letto coniugale con effetti dirompenti dei già fragili equilibri familiari». Solo al momento dell’audizione, la piccola introduceva il tema delle condotte abusanti ai suoi danni riconducendole ad amici che frequentavano la sua casa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino