Pedofili assolti, le motivazioni «Sbagliate le modalità di indagine»

Pedofili assolti, le motivazioni «Sbagliate le modalità di indagine»
Dichiarazioni «generiche e contraddittorie» rese attraverso tecniche di ascolto «inappropriate e condizionanti», e «modalità intrusive e...

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Dichiarazioni «generiche e contraddittorie» rese attraverso tecniche di ascolto «inappropriate e condizionanti», e «modalità intrusive e incalzanti», «non idonee ad agevolare un resoconto libero dei fatti». È questo il cuore delle motivazioni con cui i giudici della Corte d’Appello del tribunale di Salerno lo scorso 16 luglio hanno assolto gli otto imputati accusati di aver messo in piedi un giro di pedofilia ai danni di tre fratellini indicati dalla procura vittime di selvaggi stupri di gruppo che sarebbero stati filmati e commercializzati. Condannati tutti in primo grado a pene comprese tra i 18 e i 10 anni, gli imputati - assistiti dagli avvocati Stefania Pierro, Anna Sassano, Agostino Allegro, Orazio Tedesco e Pina Strada - sono stati assolti dopo 12 anni di calvario giudiziario perché «il fatto non sussiste». I giudici, presidente Donatella Mancini, in 33 pagine di motivazione fanno a pezzi le risultanze investigative fondate sull’ascolto dei minori spiegando che «non può ritenersi sufficientemente provata la responsabilità degli imputati in ordine a tutte le condotte che vengono loro addebitate». Si parte dall’incidente probatorio celebratosi nel 2010, a distanza di circa otto anni dalle prime condotte contestate.

I CONSULENTI

Nella sentenza i giudici demoliscono il modus operandi dei consulenti finalizzato a provocare nei dichiaranti «un effetto di “accomodamento” secondo un percorso logico che non teneva conto del contenuto delle risposte, spesso confuse e contraddittorie». I giudici abbracciano le conclusioni dei periti secondo cui «dette modalità di approccio, nonostante i minori presentassero una generica capacità di testimoniare, hanno comportato l’assenza di spontaneità, genuinità e credibilità delle dichiarazioni rese». Il risultato di questo approccio investigativo è «il rischio concreto di un travisamento dei fatti» attraverso la «costruzione di falsi ricordi e quindi un’alterazione della capacità specifica di testimoniare». L’inchiesta nasce dalle rivelazioni della figlia maggiore della coppia che, rifugiatasi dalla vicina per sfuggire alla miseria morale che era costretta a subire tra le quattro mura domestiche, in un primo momento rappresenta il grave stato di degrado in cui viveva la famiglia a causa dei continui litigi dei genitori, ma soprattutto, per la presenza del compagno del padre «uomo violento, che aveva soppiantato la madre nel letto coniugale con effetti dirompenti dei già fragili equilibri familiari». Solo al momento dell’audizione, la piccola introduceva il tema delle condotte abusanti ai suoi danni riconducendole ad amici che frequentavano la sua casa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino