Attore, rugbista o modello preso il pedofilo trasformista

Attore, rugbista o modello preso il pedofilo trasformista
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SALERNO - Aveva quattromila contatti di ragazzine dai dieci ai quattordici anni su Facebook, suddivisi nei circa venti falsi profili creati ad hoc per scambiare immagini pornografiche o convincere le ignare vittime a spogliarsi e masturbarsi in webcam. Trascorreva così gran parte del proprio tempo un quarantenne di Vietri Sul Mare, in provincia di Salerno, condannato dal Tribunale del capoluogo, tra gli altri reati, anche per violenza sessuale. Un’indagine che ha fatto il giro di varie procure italiane, ma terminata a Salerno per motivi di competenza, in virtù del luogo di residenza dell’individuo.


La tecnica messa in campo dall’uomo è un copione che si ripete: studiare il profilo del social network del potenziale bersaglio; informarsi sulle sue passioni e dei suoi interessi; sfruttare l’archivio creato per convincere le bambine ad aprirsi e per far sì che inizi a crearsi un interesse nei suoi confronti. Un gioco erotico via internet andato avanti per molto tempo, finché, nel 2012, i genitori di alcune bambine, informati dalle proprie figlie delle «particolari attenzioni» ricevute online, si rivolgono subito alla polizia postale. Ottanta sono, infatti, in tutt’Italia, le denunce pervenute contro il quarantenne, sul totale delle circa quattromila stimate dagli inquirenti. 


Si finge rugbista, modello, attore, ma sempre con foto ritraenti uomini di bella presenza, a seconda se l’adolescente fosse appassionata di sport, di moda o di cinema. «Ti ho visto alla partita», «Ti ricordi di me?» sono solo alcune delle frasi con le quali tenta l’approccio. E non solo. Infatti, se, di fronte a sé avesse trovato qualcuna più restia a concedersi, si gioca la carta dell’account di un soggetto del gentil sesso. E perciò, immagine del profilo di donna e condivisioni di post prettamente al femminile. Ma se neanche questo fosse bastato, ecco che entra in campo, ovviamente sotto mentite spoglie, la polizia postale o la Microsoft: si spaccia come esponente delle forze dell’ordine o del colosso informatico dicendo che l’inesperta fanciulla avrebbe violato alcune delle più che discutibili condizioni generali di contratto e quindi, per rimediare, avrebbe dovuto filmarsi durante la masturbazione. Tanti gli escamotage, tutti sfruttati per un unico e orribile obiettivo: vedere nude in webcam le ingenue ragazzine o ricevere, in chat, foto e filmati osé. Clamoroso e paradossale è un ulteriore espediente accertato dagli inquirenti: «Fatti vedere in webcam, altrimenti avverto i tuoi genitori e anche il sindaco». E dall’altra parte, la piccola di turno acconsente. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino