Pizzo al parcheggio, 34 a processo; Cassazione conferma: è estorsione

Pizzo al parcheggio, 34 a processo; Cassazione conferma: è estorsione
Prende il via con un rinvio dell’udienza a causa di diversi difetti di notifica, il processo a carico di 34 persone accusate dal sostituto procuratore Elena Guarino di aver...

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Prende il via con un rinvio dell’udienza a causa di diversi difetti di notifica, il processo a carico di 34 persone accusate dal sostituto procuratore Elena Guarino di aver praticato l’abusiva attività di parcheggiatori. Una inchiesta unica nel suo genere, documentata non soltanto dalla testimonianza delle vittime ma anche dai filmati dei carabinieri che li avevano tutti sotto stretto controllo. Un’attività che è proseguita anche dopo le prime misure restrittive ed è poi sfociata in un secondo blitz. Alcuni di loro sono anche andati in carcere. E proprio le misure restrittive sono state al centro dell’udienza di ieri : gli avvocati hanno chiesto per quanti non sono stati coinvolti nel secondo blitz della procura di Salerno la revoca dei provvedimenti. Revoca per la quale il pm Guarino ha dato parere favorevole. Nel corso della prossima udienza, dunque, verrà sciolta la riserva dei giudici.


Ad affollare l’aula del dibattimenti, ieri mattina, c’erano soprattutto loro: gli imputati. 

A tutti loro la procura contesta il reato di estorsione (consumata o tentata) e, in alcuni casi, alcune circostanze aggravanti: le posizioni, infatti, non sono le stesse per tutti gli indagati. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini, partite proprio dalla segnalazione di alcuni cittadini, le richieste di denaro “a piacere” arrivavano fino a 3 o 5 euro a sosta. La curiosità: Salerno Mobilità si è costituita parte civile nel processo chiedendo il risarcimento per «danno di immagine»


Qualcuno ha voluto sfidare la sorte e avviare un vero e proprio braccio di ferro con la procura arrivando finanche in Cassazione ma i giudici capitolini hanno fatto propria la tesi accusatoria degli inquirenti salernitani. È il caso di Abrazac Anan, un abusivo in «servizio» davanti al Campolongo Hospital di Eboli. Gli è stato riconosciuto il reato di estorsione, in questo caso tentata, dal momento che l’automobilista si era rifiutato di dargli il denaro richiesto. Condannato in primo e in secondo grado (a pochi mesi di pena), per l’africano arriva è arrivata la sentenza definitiva: il tono minaccioso e prepotente da lui utilizzato non lascia dubbi sulla sua ingiustificata richiesta di denaro e sull’ingiusto profitto che ne sarebbe derivato. La posizione della Corte di Cassazione è stata molto chiara e potrebbe rappresentare un precedente importante per la definitiva configurazione del reato di estorsione a carico dei parcheggiatori abusivi.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino