I salernitani accolgono una reliquia di San Giovanni Paolo II nella Cattedrale di San Matteo. Non è un passaggio temporaneo, ma quel piccolo frammento del cuoio capelluto...
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Poco prima, alcuni testimoni diretti del lungo pontificato di San Giovanni Paolo II raccontano alcuni aneddoti della propria esperienza personale, introdotti da una lettera del cardinale Renato Raffaele Martino. Non è presente, ma ha voluto ricordare la figura di colui che lo volle vescovo, nunzio apostolico, cardinale. Il primo ad intervenire è monsignor Moretti. «La mia vita di sacerdote e vescovo – dice – si è collocata nel pontificato di Giovanni Paolo II. La prima volta che incontrò noi sacerdoti, l’impatto fu straordinario. Per i sacerdoti di Roma c’era già allora l’usanza di incontrare il Papa una volta all’anno. Nell’aula magna di San Giovanni in Laterano, esordì dicendo: io sono qui per ascoltarvi. Non tenne un discorso e noi rimanemmo spiazzati. Io sono vescovo perché fu lui a volerlo e a nominarmi prima ausiliare e poi vicegerente della diocesi di Roma». E poi un racconto personale, intimo. «Il 7 gennaio 2005 – continua a raccontare il presule – ebbi da lui la notizia della morte di mia madre. Il primo ad aver pregato per lei fu proprio lui e, come accade spesso in Vaticano, lo vennero a sapere tutti e cominciarono anche gli altri a pregare. Credo che mia madre sia entrata in Paradiso accompagnata dalla schiera di tutte queste persone che pregavano per lei». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino