Salerno, infermiera si dimette dal 118: «Sono stanca di aggressioni e mobbing»

La scelta di Anna Vignolo, in servizio al Psaut di via Vernieri

L'infermiera Anna Vignolo
«Sono stanca di aggressioni, mobbing, disorganizzazione e turni massacranti. Ho bisogno di riposo, abbandono il 118». È la dura scelta di Anna Vignolo, storica...

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«Sono stanca di aggressioni, mobbing, disorganizzazione e turni massacranti. Ho bisogno di riposo, abbandono il 118». È la dura scelta di Anna Vignolo, storica infermiera di Castel San Giorgio in forza al Psaut di via Vernieri, che sul suo profilo Facebook pubblica la lettera di dimissioni, con effetto immediato e senza preavviso, indirizzata ai vertici dell’Asl, con la quale decide di rinunciare al contratto a tempo indeterminato. Un gesto indicativo, che suona come un vero e proprio campanello d’allarme per tutta la categoria.

Sono stanchi, avviliti, ma soprattutto profondamente infelici: la crisi, profonda come uno strapiombo, in cui è precipitata «senza paracadute», da tempo, la sanità di casa nostra, pone di fronte il desolante quadro di professionisti che non solo non si sentono valorizzati economicamente e contrattualmente, ma soprattutto soffrono di una serie di disagi che per molti di loro sono diventati davvero ingestibili e che si riflettono inevitabilmente sulla propria vita personale.

La quotidianità, a dir poco drammatica, racconta ancora di turni massacranti, di demansionamenti, di ferie sistematicamente saltate, di uomini e donne, prima che infermieri, che sottraggono sempre più tempo ai propri affetti, alla propria famiglia, e dall’altra parte non si sentono parte integrante del «progetto salute», anzi, tutt’altro.

La parola chiave è una sola: abbandonati a se stessi. E allora quando arrivano i pugni, i calci anche in pieno volto, e addirittura le minacce di morte, quando cittadini esasperati dai disservizi all’ordine del giorno nelle strutture sanitarie, tentano addirittura di strangolarti, come accaduto più volte, e in più di un ospedale, gli infermieri si sentono legittimamente svuotati e sviliti come persone.

Si immagini, poi, una donna, una madre, una moglie, che torna a casa con i segni sul collo di uno sconosciuto che l’ha aggredita, con il volto segnato, guardare i figli e il marito, che si guardi lei stessa allo specchio, e inevitabilmente finisce con il chiedersi se il giorno successivo valga davvero la pena affrontare magari l’ennesimo estenuante turno di notte.

Stando agli ultimi dati, un tasso significativo di operatori sanitari intende lasciare la professione o cambiare struttura, spesso a causa di condizioni lavorative stressanti e carenti di supporto e risorse. Il 16 per cento dei medici e l’8 per cento degli infermieri intende lasciare il proprio posto di lavoro e tali percentuali si invertono se consideriamo l’intenzione di lasciare del tutto la professione sanitaria (lo dichiara il 9 per cento dei medici e il 14 degli infermieri.

Sono maggiormente a rischio gli operatori sanitari più giovani e coloro che lavorano sotto stress, in contesti ospedalieri caratterizzati da carenze organizzative e inadeguatezza di attrezzature e materiali e da un clima interno poco collaborativo e stimolante.

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Il Mattino