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Quando gli stand stanno per smontare, spuntano come fantasmi. Imbarazzati, con una busta della spesa vuota al seguito, raccolgono tra i cartoni gli scarti di quello che non si è venduto durante la giornata. Sono i pensionati da 600 euro al mese, quelli che non arrivano alla seconda settimana, che non riescono a pagare l'affitto e le bollette, né tantomeno ad aiutare figli e nipoti come accadeva un tempo. Frugano per terra, qualcosa di buono si è salvato, mentre i mercatali si affrettano a recuperare la merce. Qualcuno regala loro un po' di pomodori, qualche zucchina, un cavolo che il giorno dopo non sarà più mangiabile. Qualcun altro chiude un occhio, perché la crisi è uguale per tutti e le prospettive per i prossimi mesi non sono certamente migliori.
«Fa male vedere scene del genere - racconta Annamaria De Simone che al mercato di Torrione ha una bancarella di frutta e verdura - Ma è il segno di quello che sta accadendo e di cui nessuno sembra rendersi conto. Tralasciando chi la merce la ruba proprio, assistere a un fenomeno così rende la misura di un'emergenza sulla quale non c'è più la possibilità di aspettare. Pensioni e stipendi quelli sono e per noi il calo del fatturato è almeno del 40 per cento». Le perdite, secondo Tommaso Avallone che in via Robertelli vende pantofole, è del cento per cento: «Sono aumentate anche quelle, di un paio d'euro a paio, ma tanto basta a scoraggiare i clienti. Li capisco. Ho un negozio in via Nizza e le spese che sto sostenendo sono diventate intollerabili». Ormai si chiede lo sconto anche nei mercati, racconta Antonio Bevilacqua, titolare di uno stand di abbigliamento: «Guardiamoci intorno. La piazzetta è vuota, cosa che non si vedeva da anni. Chi acquista lo fa solo perché è alle strette. E speriamo di poter avere ancora il pane in tavola». Non va meglio in via Piave. Domenico Rescigno dà una mano all'amico standista che in questi giorni non sta bene: «Sono un ex mercatale, mi hanno voluto fare fuori, ma questa è un'altra storia - dice con rammarico - Se prima in una giornata si riuscivano a guadagnare tremila euro, oggi se ne porti a casa cento vai di lusso. La colpa è del Governo che ha consentito questo scempio». E così, se si ha bisogno di una felpa o di un jeans, ci si rivolge alle bancarelle dell'usato. Parola di Vincenzo Vitolo: «La merce nuova non la vuole quasi più nessuno.
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Qualche signora scartabella tra gonne e camice che vanno da due a cinque euro, le guarda, le riguarda e poi va via. «Dopo le ultime bollette che mi sono arrivate sono con le mani legate - ammette la signora Rosa - Vorrei fare un regalo alla mia nipotina ma mi sono restati duecento euro fino alla fine del mese». Gli unici giorni in cui i mercati alimentari si riempiono di più sono il martedì e il sabato, sottolinea Paolo Scaturlo che vende frutta e verdura: «La gente fa rifornimento e si fa bastare quel poco che compra. Del resto la verdura è aumentata del 50 per cento: zucchine, peperoni, patate, lattuga, non hanno più i prezzi di qualche mese fa e siamo ancora in un periodo dell'anno in cui il clima è mite. Con le gelate non oso immaginare cosa accadrà. Intanto il nostro fatturato è sceso del 65 per cento». Anche qui si aggira qualche pensionato fiducioso negli scarti: «È triste che dopo aver lavorato tutta la vita debba sperare di trovare qualcosa per terra - racconta un settantenne - Ma con 800 euro di pensione, 500 di fitto e le bollette, non mi resta altra soluzione».
Al mercato di Pastena Mario D'Amico e Antonella Avallone si barcamenano tra gli stand di abbigliamento, quelli di cosmetica e i prodotti per la casa, «che hanno subito le perdite maggiori - raccontano - perché la concorrenza dei cinesi si è fatta spietata. Le vendite hanno avuto una flessione del 70-80 per cento». Unica voce fuori dal coro è quella di Isabella Placanica: «Non mi voglio lamentare - dice dal suo bancone di frutta e verdura - Ho una clientela fissa che non mi ha abbandonato. Proviamo a coccolarli e ad offrire loro materie di prima scelta senza far arrivare i prezzi alle stelle».
Il Mattino