Appostamenti, minacce e pressioni per la vendita dell'hotel: condannati

Appostamenti, minacce e pressioni per la vendita dell'hotel: condannati
PAGANI - Appostamenti, minacce, pressioni psicologiche e telefonate minatorie. La Cassazione chiude il giudizio nei confronti di cinque imputati, confermando e riducendo le pene...

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PAGANI - Appostamenti, minacce, pressioni psicologiche e telefonate minatorie. La Cassazione chiude il giudizio nei confronti di cinque imputati, confermando e riducendo le pene per alcuni dei soggetti processati per un tentativo di estorsione verso una coppia ultra novantenne. I fatti risalgono al 2001, ma le vittime sono decedute anni fa: sullo sfondo la figura di G.R. , che insieme ad altre persone, in virtù dei rapporti intrattenuti con una delle vittime, un ingegnere, aveva rappresentato a quest'ultimo che alcuni pregiudicati di Eboli e Battipaglia lo avrebbero ammazzato, se non avesse consegnato loro la somma di 400 milioni di euro (pari a 200mila euro circa). Soldi che l'anziano avrebbe dovuto prendere dalla cessione delle quote della società Hotel Miramonti srl, di cui era proprietario. La struttura alberghiera si trovava ad Acerno.


Secondo le indagini dell'epoca, l'anziano versò due quote, una di 150 milioni l'11 maggio 2001 e la seconda, di 300 milioni, il 18 maggio seguente. Le cinque persone, condannate nei due gradi di giudizio, avevano presentato ricorso in Cassazione. Gli imputati provengono dall'Agro nocerino, in particolare dal comune di Pagani. Secondo le accuse, il palazzo dove vivevano gli anziani era presidiato giorno e notte, con appostamenti e irruzioni, per intimidire i due e costringerli a versare il resto dei soldi. Il gruppo controllava anche l'ingresso del comando provinciale dei carabinieri, per evitare di essere identificati. Inoltre, avrebbero pressato la coppia di anziani con telefonate, anche mute, da cabine pubbliche, portando all'esasperazione le due vittime.


A ciò seguivano spesso minacce di ogni tipo: come quella di dare fuoco all'abitazione o di penetrare in casa e rivelare particolari scabrosi su presunte relazioni extraconiugali intrattenute dall'uomo. Uno degli imputati, una donna, si spacciò anche per ispettrice di polizia con il pretesto di voler aiutare i due anziani ad intraprendere azioni legali contro uno degli imputati. In realtà, l'intento era di avere la meglio sui gruppi criminali concorrenti. La Corte di Cassazione ha riconosciuto per R.A. e M.G.S. l'annullamento della condanna in Appello senza rinvio, facendo intervenire la prescrizione. Per G.T. i giudici hanno ridotto per un solo capo d'imputazione la pena a 5 anni e 9 mesi. Lo stesso per D.G. Respinto invece il ricorso per G.R., uno degli imputati principali, siciliano ma residente ad Acerno, con la condanna confermata a 7 anni di carcere. La coppia di anziani era finita nel mirino di 13 persone, distinte in più gruppi, dove alcuni degli elementi poi finiti nell'indagine avrebbero riferito di far parte di clan di camorra, al solo fine di spaventare i coniugi. Le aggravanti del metodo mafioso e dell'associazione camorristica decaddero, poi, con la sentenza in Appello. Tra gli avvocati difensori i legali Gianfranco Ferraioli e Pierluigi Spadafora.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino