Imputazione coatta per due funzionari della Bnl accusati di favoreggiamento in un procedimento penale al fine eludere le investigazioni dell'autorità giudiziaria....
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I FATTI
Secondo un primo perito della procura, Adelaide Mugnani, la Bnl aveva provveduto a ricalcolare l'intero rapporto di mutuo eseguendo una doppia operazione contabile: ridurre gli importi richiesti alla Fatrotek e presenti negli avvisi di pagamento (riconducendoli al limite soglia usura) e ridurre anche i pagamenti eseguiti dalla Fatrotek adeguandoli a tali importi ricalcolati non in usura. Anche un altro consulente della procura, Alfonso Ruggiero, ha poi confermato che gli interessi di mora richiesti dalla Bnl negli avvisi di pagamento non risultavano coincidere con quelli indicati nell'estratto conto forniti dall'istituto di credito alla dottoressa Mugnani. Tali importi, secondo il perito, nel prospetto erano minori, mentre i tassi presenti negli avvisi di pagamento risultavano essere superiori a quelli previsti dalla legge. Dunque l'istituto di credito ha consegnato al pm, nel corso di indagini penali, un prospetto ricalcolato invece degli effettivi dati del rapporto con la Fatrotek.
LA SENTENZA
Il giudice per le indagini preliminari ha individuato le responsabilità nei due funzionari i quali, nascondendo i maggiori tassi praticati dalla banca, in quanto superavano la soglia prevista dalla legge, hanno cercato di eludere le investigazioni mettendo in pericolo il regolare svolgimento delle indagini. Secondo il gup Scermino, inoltre, non è da considerarsi valida l'ipotesi della buona fede, fondata sul fatto che tali funzionari operavano in esecuzione delle direttive dalla banca in quanto, coloro che formavano l'estratto conto (con importi modificati) lo facevano solo su richiesta di altre direzioni dell'istituto e non sapevano affatto che il documento era destinato all'autorità giudiziaria. Secondo il giudice, invece, i funzionari non potevano non conoscere il sistema di controllo che ricalcolava gli importi e, pertanto avrebbero dovuto informare il consulente del pm. Di qui quello che il gup ha definitvo malizioso silenzio dei funzionari che si raccordava ad una specifica volontà dolosa di tutti i funzionari dell'Istituto. Scermino ha rilevato che non è chiara la ragione per cui il presunto controllo antiusura opera solo quando una direzione chiede l'estratto conto, mentre nessun controllo viene eseguito né quando si notificano gli avvisi di pagamento (che poi il cliente paga effettivamente), né tantomeno quando si esercita una azione giudiziale nei confronti dello stesso cliente. Tale presunto controllo dell'usura, che avviene soltanto quando si deve esibire a terzi il contenuto dei rapporti bancari, secondo il magistrato, è sinonimo di una chiara mala fede dell'ente creditizio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino