Va in scena la festa gay blindata «Rispettiamo chi si è offeso»

Va in scena la festa gay blindata «Rispettiamo chi si è offeso»
La tavola allestita al Caffè Verdi ricorda solo vagamente quella del capolavoro di Leonardo da Vinci. D’altro canto, «non ne vuole assolutamente essere una...

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La tavola allestita al Caffè Verdi ricorda solo vagamente quella del capolavoro di Leonardo da Vinci. D’altro canto, «non ne vuole assolutamente essere una riproduzione» ripete più volte Emanuele Avagliano. Al posto dei commensali campeggiano imperativi morali, dal «non giudicare» al «non essere intollerante». E screenshot di minacce e insulti. Già, perché il passo dalle polemiche alle intimidazioni ha la velocità di un click. E al biasimo pressoché generale del mondo politico per la rivisitazione in chiave omosex dell’Ultima cena si aggiungono le ingiurie dei più fanatici. Così, il solito aperitivo del giovedì sera, appuntamento fisso all’Arbostella per la comunità Lgbt, si è trasformato in una festa blindata. Con la polizia chiamata a monitorare la zona.




L’orario fissato per l’inizio della festa è il solito: 21.30. Ma è solo indicativo, perché il party entra nel vivo molto più tardi. C’è voglia di divertirsi, al Caffè Verdi, di trascorrere una serata in compagnia. Fuori, una volante della polizia ricorda, però, che la serata non è come le solite. Stavolta c’è tanto altro. Rabbia, amarezza, delusione. E dispiacere. Il polverone che la locandina usata per pubblicizzare l’evento ha sollevato sembra turbare un po’ tutti: «La mia intenzione non era quella di offendere. Io davvero non avrei mai voluto mancare di rispetto», dice e ripete più volte il leader del gruppo DiverCity. Avagliano, arrivato al locale in largo anticipo per preparare ogni cosa al meglio, racconta: «Ho preso l’immagine dal web, tra le parodie dell’Ultima cena. La quale, peraltro, non è un quadro sacro né è venerato in alcuna chiesa. Oltretutto, nella locandina che abbiamo usato del dipinto di Leonardo c’è poco. Ma tutto è stato decontestualizzato e strumentalizzato da chi nasconde dietro il finto perbenismo della religione omofobia e razzismo, una rabbia repressa nei confronti dei gay».



Al Caffè Verdi, però, si sorride, si beve, si chiacchiera. La gente arriva alla spicciolata. «Sei Emanuele?», domanda un gruppo di giovani. «Siamo qui per portarti la nostra solidarietà». Sono solo uno dei gruppi che hanno deciso di spendere una parola per il gruppo DiverCity. La solidarietà arriva anche da Libera, Amnesty International, oltre che dall’Arcigay di Napoli e di Salerno, nonché dal coordinamento campano delle associazioni Lgbt. «La vicenda ci sembra un po’ paradossale e strumentalizzata – spiega Francesco Napoli –. Noi abbiamo grande rispetto per chi ha un credo religioso e si è sentito offeso. Ognuno esprime il proprio dissenso. Ma sono arrivati anche messaggi di odio, violenza, parole inquietanti». Commenti forti e minacce di morte, infatti, ne sono arrivate a centinaia e la notizia è sbarcata anche su siti esteri: «Siamo a livelli di fanatismo eccessivo», dice qualcuno. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino