È una donna svedese la prima beneficiaria al mondo di un impianto transradiale (sotto il gomito) stabile e permanente per il controllo di una mano robotica. In un...
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L'intervento chirurgico, il primo nel suo genere, si è svolto presso lo Sahlgrenska University Hospital in Svezia sotto la guida del prof. Richard Brånemark e del dottor Paolo Sassu. Il progetto Detop è coordinato da Christian Cipriani, direttore dell'Istituto di BioRobotica, e include anche Prensilia srl, azienda spin-off dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Sant'Anna, Lund University, Gothenburg University, University of Essex, Swiss Center for Electronics and Microtechnology, l'Università Campus Bio-Medico di Roma, il Centro Protesi Inail e l'Istituto Ortopedico Rizzoli. L'impianto funge da tramite tra lo scheletro e la mano robotica sviluppata dalla Scuola Superiore Sant'Anna e da Prensilia. I benefici sulla vita quotidiana, sia da un punto di vista pratico che all'interno della dimensione sociale, sono molteplici: la tecnica osteointegrata permette infatti di superare i limiti delle protesi convenzionali le quali possono riprodurre solo un paio di movimenti grossolani, come aprire e chiudere la mano. Con il nuovo impianto invece, attraverso sedici elettrodi inseriti nei muscoli residui, sarà possibile estrapolare una quantità maggiore di informazioni al fine di consentire un controllo più efficace della mano robotica.
Le attuali protesi di mano hanno anche un feedback sensoriale limitato. Non forniscono infatti percezioni tattili quando si afferra un oggetto o si interagisce con un'altra persona e l'ambiente circostante, costringendo la persona a fare affidamento solo sulla vista mentre usa la protesi. Grazie agli elettrodi impiantati nei nervi, che servono a creare un collegamento diretto tra la protesi e il sistema nervoso, la donna potrà recuperare le sensazioni tattili perdute dopo l'amputazione attraverso dei sensori che guidano la stimolazione del nervo. Uno degli elementi centrali di questo lavoro è che si tratta della prima tecnologia utilizzabile nella vita di tutti i giorni, non solo all'interno di un laboratorio di ricerca. La tecnica dell'osteointegrazione era già stata sperimentata con successo da Integrum e Chalmers University of Technology su un paziente con amputazione transomerale (sopra il gomito), ma non era ancora possibile nelle amputazioni transradiali, dove il fissaggio deve essere effettuato su due piccole ossa invece che su un unico osso di dimensioni più grandi, come nella parte superiore del braccio. La protesi transradiale sviluppata all'interno del progetto Detop apre nuovi scenari nello sviluppo di un impianto di fissaggio scheletrico perché prevede non solo una maggiore stabilità a lungo termine, ma anche un sensibile miglioramento delle funzionalità motorie e percettive dell'amputato grazie alla presenza di molti più muscoli da cui estrarre i comandi neurali.
In questa fase la donna su cui è stato eseguito l'intervento sta seguendo un programma di riabilitazione per riacquistare forza nei muscoli dell'avambraccio, indebolite dopo l'amputazione.
Il Mattino