Casamari, l’abbazia contesa risorta dopo tanti “scandali”

Casamari, l’abbazia contesa risorta dopo tanti “scandali”
Nell’antico municipio di Ceretae, dove sorgeva la villa di Gaio Mario, sette volte console nonché avversario di Silla, sorge l’abbazia di Casamari, che nel suo...

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Nell’antico municipio di Ceretae, dove sorgeva la villa di Gaio Mario, sette volte console nonché avversario di Silla, sorge l’abbazia di Casamari, che nel suo nome di derivazione latina richiama proprio l’antico condottiero. Il territorio è quello di Veroli, a circa nove chilometri dal centro. Nella zona sono state rinvenute alcune epigrafi che identificano l’area della villa e dell’abitato sviluppatosi poco distante. La storia dell’abbazia risale all’XI secolo, quando alcuni monaci benedettini si stabilirono nella zona, stando al Chartarium Casamariense, opera successivamente stilata dal monaco Gian Giacomo de Uvis. Secondo tale ricostruzione, nel 1005 - data contestata da vari studiosi - i monaci edificarono una chiesa dedicata ai Santi Giovanni e Paolo, usando resti di antiche costruzioni. Tra il 1140 e il 1152, i benedettini, però, si legge nel testo, «erano diventati tanto indisciplinati, disonesti e dimentichi della salvezza della loro anima», e il monastero era «dilapidato nelle sostanze e fatiscente nei fabbricati».

Nuovi inquilini 

Lo “scandalo” segnò una svolta nella storia della zona e della costruzione. I benedettini furono sostituti dai cistercensi. Un nuovo rigore caratterizzò il loro arrivo. E pure una nuova costruzione. Nel 1203 Innocenzo III benedisse la prima pietra dell’abbazia, che oggi è uno dei monasteri di architettura gotica cistercensi più importanti del nostro Paese. Eliminati inutili ornamenti, la struttura richiama le regole dell’ordine, nei suoi cardini di ascetismo e, appunto, rigore, con attenzione agli spazi articolati internamente per i monaci, tra chiostro e refettorio, dormitorio e sala capitolare, in linea con la filosofia della clausura. Lo schema è quello degli antichi monasteri francesi. La porta di entrata è a doppio arco. All’interno vi è un giardino con chiostro. La storia della struttura proseguì, con alterne vicende. E dalla metà del Quattrocento, l’area fu interessata da una nuova decadenza.

Don Nicola Boucherat I, abate di Citeaux, nel 1569, la inserì in un elenco di trentaquattro monasteri che «non dispongono neanche dei libri e della suppellettile necessari per la celebrazione dell’ufficio divino». Dagli scandali alla crisi, dunque. Dai benedettini ai cistercensi per arrivare poi, nel Settecento, ai trappisti. Il tentativo era sollecitare una rinascita dello spazio. I saccheggi dei soldati francesi, nel 1799, e il regime napoleonico, lo impedirono. Nel 1874, però, a celebrare - e tutelare - le sue molte storie l’abbazia è stata dichiarata monumento nazionale. E da quel momento, ha ritrovato forze e splendore. Tra suoi tesori, un museo, con antichi reperti, in particolare di epoca romana, e la sorpresa di una zanna di Mammuthusmeridionalis, specie che, nel Pleistocene inferiore, era diffusa nel territorio. 

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Il Mattino