Vittorio Sgarbi interviene sulla foto di Wilhelm von Gloeden (Wismar, 16 settembre 1856 –Taormina, 16 febbraio 1931) contenuta in una inserzione...
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«La censura di Facebook ai nudi maschili non accadde nel Rinascimento col David di Michelangelo - osserva Sgarbi - oggi invece un pugno di veloci calcoli, detti algoritmi, senza anima, né sentimenti, senza occhi, vieta di pubblicare sulla mia pagina Facebook un’inserzione che sponsorizza le mostre del museo di Palazzo Doebbing.
Secondo il regime di Facebook, la foto di un’opera di Wilhelm Von Gloeden, che fu formidabile veicolo promozionale per la Taormina di inizio secolo, dev'essere censurata. Quelle immagini sono ora nella loro semplicità a Sutri, altro luogo del mito. Un giovinetto nudo e pensieroso che si mostra all’obiettivo del grande fotografo tedesco nella sua nudità, come tributo alla classicità greca, come essenziale richiamo a una dimensione mitologica».
Non è la prima volta che Facebook censura Vittorio Sgarbi. Il precedente più clamoroso è stato un "selfie" al Museo d'Orsay davanti a «L'origine du monde» di Gustave Courbet (vedi foto allegata). Poi è stata la volta della mostra «Seduzione e potere. La donna nell'arte» a Gualdo Tadino. Ed infine, nel giugnodi quest'anno, un nudo dell'artista Luciano Ventrone esposto nella mostra «Meraviglia ed estasi», sempre a Gualdo Tadino.
«Dopo le opere di Courbet, Balthus, Rubens e molti altri, ora tocca a Von Gloeden - spiega Sgarbi - in una continua decomposizione morale e del buon senso che sembra, ormai, senza fine, capace di sterilizzare ogni sensibilità ulteriore. Chi vede il male in quelle immagini, lo ha dentro. La censura delle fotografie di Von Gloeden è tanto più grave oggi perché non è ai corpi nudi di ragazzi proiettati nel mito, ma rappresenta una più grande e subdola censura ai valori del mondo omosessuale, del mondo gay che si identifica in Von Gloeden. Nessuno si sognerebbe di censurare le “Tre Grazie” di Canova ma evidentemente tre ragazzi nudi fanno scattare una reazione omofoba, che il cuore e l’intelligenza morta di Facebook registrano con evidente e intollerabile discriminazione»
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Il Mattino