Gerusalemme, Terra Santa riapre ai pellegrini: «L'assenza si è sentita»

Gerusalemme, la Terra santa apre ai pellegrini: «L'assenza si è sentita»
L'assenza dei turisti si è sentita in Terra Santa, ma ora anche a Gerusalemme sono pronti a ripartire. «Per entrare al Santo Sepolcro, prima dell'...

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L'assenza dei turisti si è sentita in Terra Santa, ma ora anche a Gerusalemme sono pronti a ripartire. «Per entrare al Santo Sepolcro, prima dell' era Covid, si impiegavano anche tre-quattro ore, ora la situazione è radicalmente cambiata, si visita in pochi minuti, è vuoto, a Gerusalemme l'assenza dei pellegrini si è sentita». A parlare è don Filippo Morlacchi, sacerdote della diocesi di Roma, fidei donum a Gerusalemme da ormai quasi tre anni. Ha visto la città santa di cristiani, ebrei e musulmani stravolta, prima dal Covid, che ha fatto chiudere i battenti di case di accoglienza, alberghi e negozi, e poi dalla guerra. Don Filippo, prete romano in prestito a Gerusalemme, accoglie il primo gruppo di pellegrini italiani che non si vedevano in Terra Santa da sedici mesi. Il turismo religioso muove una parte importante dell'economia soprattutto per le famiglie cristiane. «Chi vive nella città vecchia ha fatto la fame», dice senza tanti giri di parole, perché qui l'economia si muoveva grazie agli arrivi dall'estero e dai viaggi di fede.

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Il turismo è ripartito in Israele già da qualche tempo ma è soprattutto un turismo interno. Gli italiani sono arrivati con l'Opera Romana Pellegrinaggi. «Un segno di speranza per questa terra martoriata anche dalla guerra», sottolinea done Remo Chiavarini, amministratore delegato dell'ente che fa capo alla diocesi del Papa. E proprio a Papa Francesco, ricoverato al Gemelli di Roma, il cardinale Enrico Feroci, che guida il pellegrinaggio, ha voluto dedicare il primo momento di preghiera a Casa Filia Sion, la struttura del Vicariato, a due passi dalla Porta di Damasco, che era stata pensata per accogliere sacerdoti seminaristi, studenti e che a causa del Covid è stata abitata solo da don Morlacchi. «Questa casa è un ponte tra la Chiesa di Roma e di Gerusalemme», dice raccontando anche le difficoltà vissute nelle settimane di tensione tra Israele e Gaza. «La guerra lascia sempre ferite profonde e dopo si ha ancora meno voglia di mettersi attorno ad un tavolo per fare la pace», sottolinea riferendo che è cresciuta l'acredine tra due comunità, israeliana e araba, che è difficile da superare anche dopo il 'cessate il fuocò. Don Filippo non si è perso d'animo: scrive musica, insegna teologia, aiuta il Patriarcato latino e i francescani di Terra Santa. Tutto questo, in attesa di riaprire anche le porte di 'Casa Filia Sion' a chi vorrà trascorrere un periodo a Gerusalemme per pregare , fare esercizi spirituali, studiare nelle vicine scuole bibliche rette dai francescani, dai domenicani e dai gesuiti. 

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Il Mattino