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A prima vista, tutto normale: un bel caschetto di capelli castano chiaro, lo sguardo birichino, il cane che gli scodinzola vicino, l'amore per le serie su Netflix, una passione per i Go-kart. Un bambino di undici anni come qualsiasi altro. Solo che Laurent Simons non ha appena sostenuto gli esami di quinta elementare: no, si è appena laureato in fisica a Anversa. In realtà in matematica starebbe pure avanti, e ha già cominciato, per conto suo, ad avvantaggiarsi in alcune materie del master, soprattutto biotecnologia.
Quando tira fuori le scatole dei giochi, non sono banali Lego, ma elementi di circuiti elettrici. Ne costruisce canticchiando come i coetanei montano i circuiti dei trenini. «Lo sai che sei speciale?» le chiedono spesso i giornalisti. E lui risponde invariabilmente, con tono quasi morettiano: «Sì». Di Laurent si parla già da qualche anno. Normale per un ragazzino che a sei anni era alle medie, e a otto aveva finito il programma del Liceo. I test per il quoziente intellettivo segnano 145, ma non perché sia la misura del suo genio: semplicemente non riescono ad andare più su. Più volte ha ispirato il dibattito: ma non gli hanno rubato l'infanzia? Non è solo un'atroce crudeltà da adulti fargli bruciare tutte le tappe, condannandolo a una vita di solo intelletto? A vederlo e a sentirne il racconto che ne fanno dottori e amici sui giornali belgi e olandesi - non sembra una vittima.
Anzi: lui ha le idee parecchio chiare su quello che vuole fare da grande - cioè, più o meno, a 13 o 14 anni: «costruire organi artificiali per far vivere le persone più a lungo e curare le malattie».
In compenso continua a frequentare alcuni amici delle elementari, ai quali consiglia di sbrigarsi: «glielo dico sempre, prima finite la scuola e meglio è». A chi gli chiede se non invidia un po' i suoi amichetti, magari prigionieri delle tabelline, però liberi di giocare e anche di soffrire per qualche insufficienza, lui assicura che no: «sono loro a essere invidiosi, perché vedono che io sono libero di fare quello che voglio e quando voglio» E quello che vuole soprattutto Laurent è studiare, capire le cose inventarne di nuove. «E' uno di quei ragazzi che si definiscono ad alto potenziale ha spiegato al settimanale belga Le Vif la dottoressa Bernadette de Bakker Non possiamo che sperare che partecipi lui stesso al progresso della scienza e che lavori nella ricerca».
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